domenica 25 novembre 2018

LIVE IN CONCERT:MUDHONEY + PLEASE THE TREES


MUDHONEY + PLEASE THE TREES
ROMA, LARGO VENUE 22/11/18



In una grigia ed umida giornata di novembre, un pezzo di storia del grunge è atterrato a Roma, in un piccolo (ma neanche tanto) ed abbastanza accogliente locale, il Largo Venue di Portonaccio.
La mia era più una presenza in veste di accompagnatore che di fan, nonostante sia un grande estimatore della scena grunge di Seattle esplosa successivamente all'esordio dei Mudhoney. Eh già, perchè il gruppo di Mark Arm, formatosi nel lontano 1988, nasce dalle ceneri dei Green River, ed è stato definito da diversi critici musicali come il primo gruppo in assoluto di quella scena che ha via via poi lanciato Nirvana, Pearl Jam, Alice in Chains e Soundgarden, oltre ad un manipolo di gruppi meno conosciuti ma comunque validi che per diverse ragioni sono rimasti di nicchia.
I Mudhoney sono stati anche la prima band ad essere messa sotto contratto dalla storica label Sub Pop Records di Seattle, diventando un modello di riferimento ed ispirazione non solo per tutto il movimento grunge (sono stati citati più volte da Kurt Cobain), ma anche per diverse formazioni indie ed alternative. Ammetto di non conoscere a fondo la discografia del gruppo, e così la mia sarà una chiacchierata molto "easy" su ciò che ho visto ed ho avuto modo di ascoltare.
L'apertura del concerto è stata affidata ai Please The Trees, band polacca che ha come prerogativa quella di piantare un albero in ogni città che visitano nel loro tour di supporto. Questo è indubbiamente un bellissimo gesto a sfondo ecologico, in un'epoca in cui nessuno ha a cuore le sorti del nostro pianeta, ed il disboscamento va avanti senza che ci si fermi un attimo a riflettere sulle conseguenze che prima o poi dovremo affrontare. 
Il messaggio di un gesto simile è ben chiaro:fatti, e non parole, signori.
I Please The Trees sono una piacevolissima sorpresa. Offrono al pubblico una manciata di pezzi di notevole fattura, una sorta di rock sperimentale che chiaramente deve molto sia al grunge che a mostri sacri come Led Zeppelin e Doors, con una forte componente tra il mistico e lo psichedelico, il tutto plasmato in chiave moderna e del tutto personale. Bravi davvero, non c'è che dire.


Quando i Mudhoney salgono sul palco, il locale si riempie definitivamente ed il pubblico si riscalda (anche troppo):in molti iniziano a pogare e spesso mantenere l'equilibrio è un'impresa ardua.
Poco male, perchè nelle orecchie arrivano sferzate di rock puro, tra grandi classici ("Touch me I'm sick" viene intonata a squarciagola da tutti) e pezzi tratti dell'ultimo disco, "Digital garbage".
Su alcuni di questi ultimi era incentrata la mia (scarsa) preparazione:e così l'arrivo di "Kill yourself live" e "Night and fog" (che prima ipnotizza con il suo incedere lento e visionario, per poi esplodere con dei riff di chitarra incalzanti) hanno accontentato anche un "neofita" come il sottoscritto.
La scaletta mi ha dato modo di rivalutare anche "21st Century Pharisees", anch'essa tratta da "Digital garbage", la cui resa dal vivo è davvero possente.
Tra i classici della band, sono da annotare "Into the drink" (con cui i Mudhoney aprono il concerto), e le varie "You got it", "Nerve attack" e "Paranoid core":non entro in dettagli perchè, lo ammetto, devo ripassare per presentarmi più preparato.
Il bis porta in dote altri sei brani, di cui tre cover:tra queste, la più interessante mi è sembrata "Fix me" dei Black Flag, che non conosco. Toccherà informarsi e studiare anche questi.
Nel complesso la serata è volata via che è una bellezza, con una dose di sano e sudato rock (che ogni tanto ci vuole), e per fortuna senza particolari ammaccature fisiche, nonostante diversa gente che, sollevata dalle braccia del pubblico, ci è passata quasi sopra la testa (!). Però anche questo è rock, non vi pare?

E' un peccato che al banco del merchandise mi sia sfuggito il cd dei Please The Trees, che senza dubbio meriteranno un ascolto più attento. Sono riuscito, però, a mettere le mani sull'ultimo vinile dei Mudhoney "Digital Garbage" (nella foto qui a fianco), e questo è il primo passo per far sì che le mie lacune su di loro vengano colmate.
Ma la sensazione di aver assistito a qualcosa di storico, almeno per quel che riguarda il rock ed il grunge, è forte e chiara (del resto, in assenza di Cobain, Chris Cornell, Layne Staley e Andrew Wood, ci restano giusto i Pearl Jam e pochi altri). Una pennellata di Seattle ha, per una notte, dato colore a Roma in una cornice che molto ha ricordato le origini di quella musica ribelle, di quel "sub pop" rabbioso e rivoluzionario. Che non è morto. Non ancora. 
I presenti hanno avuto modo di vederlo con i loro occhi e sentito con le loro orecchie. Vive e respira in sordina, sotto pelle.

(R.D.B.)


domenica 4 novembre 2018

LIVE IN CONCERT:TARJA + STRATOVARIUS

TARJA + STRATOVARIUS
"A NORDIC SYMPHONY '18" TOUR
ROMA, ORION CLUB 16/10/18




In una cornice inaspettatamente piccolina come quella offerta dall'Orion club di Ciampino, arriva in pieno autunno una ventata di metal nordico direttamente dalla Finlandia:Tarja Turunen (ex-leader dei Nightwish, ora solista già da diversi anni) ed i mitici Stratovarius hanno dato vita ad una serata memorabile per gli amanti del metal classico e sinfonico.
Si diceva, posto piccolino ed anche poca gente (300 persone sì e no), cosa che se da un lato può essere vantaggiosa (non c'era troppa folla a spingere, e ci si poteva facilmente avvicinare al palco o vedere il concerto in posizione centrale) dall'altra lascia riflettere:sia la cantante che il gruppo finlandese, fino a qualche anno fa, avrebbero richiamato una folla dieci volte più grande; è evidente come Tarja Turunen veleggi ancora in una proposta ritenuta "di nicchia" (mentre con i Nightwish dell'era "Once" si riempivano le arene), mentre gli Stratovarius, orfani di uno dei più grandi geni chitarristici dell'era moderna (Timo Tolkki) abbiano perso incisività (e pubblico) con i lavori degli ultimi anni, che fanno pensare ad una parabola discendente che difficilmente potrà invertire rotta.
Eppure, l'occasione era ghiotta e non andava persa:la scaletta del concerto è stata equamente divisa in due parti, una tutta degli Stratovarius ed una tutta di Tarja, dodici canzoni a testa.
Ed il gruppo di Timo Kotipelto non ha deluso le attese:con una setlist ridotta, la band finlandese ha dato spazio ai grandi classici attresi dal pubblico, proponendo la sola "Oblivion" dalla nuova raccolta "Enigma-Intermission II", e deliziando i fan di lunga data con una performance di alto profilo. 
Il concerto si apre sulle note di "Eagleheart" e procede spedito con la classica "Forever free" tratta dal capolavoro "Visions".  A pubblico già caldo, è il turno di "Oblivion" e "Shine in the dark" (unico brano post-Tolkki insieme ad "Unbreakable" ad essere in scaletta). 

La prima vera ovazione arriva all'accenno chitarristico che introduce "Paradise", cantata successivamente a squarciagola da tutto il pubblico, ed interpretata da Kotipelto in modo davvero impeccabile.
Per la prima volta in assoluto dal vivo, i fan di lunga data hanno poi avuto modo di ascoltare la ballad "4000 rainy nights", pezzone carico di pathos e malinconico, introdotto da un meraviglioso assolo chitarristico. Subito dopo, i riflettori si spostano sul "maestro" Jens Johansson e la sua tastiera:le dita giocano e si rincorrono su un suono familiare che improvvisamente prende forma e si rivela al pubblico:è lo storico giro di note neoclassico del più grande successo della band, quella "Black Diamond" che ancora oggi fa venire la pelle d'oca; avevo già avuto modo di vedere gli Stratovarius e sentire "Black diamond" tanto tempo fa, per il "Destiny tour". Riascoltarla a distanza di quindici anni non solo mi ha riportato indietro nel tempo, ma mi ha fatto rivivere le stesse emozioni di allora:è qui che si capisce la grandezza di una canzone indimenticabile.
La suite di "Destiny" (oltre dieci minuti di grande musica), serve ad aprire un altro momento toccante, romantico ed intimista:"Forever" suona tale e quale al disco, con il pubblico che solennemente segue Kotipelto parola per parola fino a sostituirsi al frontman nel ritornello.
E', questo, un momento che garantisce così altri brividi ad un concerto che sarebbe già ben riuscito, ma che si conclude davvero alla grande con "Unbreakable" (proposta in versione originale, ma se avete qualche minuto da buttare ascoltatevi la versione orchestrale pubblicata su "Enigma"), per poi lasciare libero sfogo ai fan, letteralmente scatenati sulle note di "Hunting high and low", indimenticabile brano tratto da "Infinite", forse l'ultimo grande lavoro del gruppo finlandese.
Gli Stratovarius lasciano ben stampata nella memoria dei presenti una gloriosa cartolina dal passato, tirando fuori il meglio dall'ora a disposizione e chiudendo con l'impressione che sì, i bei tempi forse sono andati defintivamente, ma il loro posto nell'olimpo del metal moderno è ben più che meritato.
Giusto il tempo di una birra, ed è già il momento dell'attesissima Tarja, che però, come vedremo, alla resa dei conti delude un pochino le grandi aspettative per questo concerto:l'idea di incentrare molto della breve scaletta sugli ultimi due lavori rock ("The Shadow self" e "The brightest void"), oltre alla proposta di una versione particolare - ma troppo distante dall'originale - di "I walk alone" (primo singolo tratto dal bellissimo disco solista di esordio "My winter storm"), ha affossato un pochino la proposta della Turunen. Per carità, la voce meravigliosa e potente anche in sede live non si discute, come anche il carisma che l'artista finlandese emana da ogni poro, eppure qualcosa è mancato.
Per giunta, uno dei pezzi più belli tra gli ultimi lavori ("The undertaker") è stato inspiegabilmente depennato all'ultimo minuto (il foglio con la scaletta prevista era proprio davanti ai nostri occhi); inutile dire quanto ciò abbia deluso il sottoscritto.
L'aperturta con "Demons in you" e "500 letters" è stata comunque di rilievo, degno antipasto alla successiva "Falling awake" (e questa no, non poteva mancare). Da lì in poi, "Deliverance", "Calling from the wild" (comunque ottimo brano, presentato da un discorso di Tarja sulle condizioni del nostro pianeta che ancora oggi, e troppo spesso, vengono trascurate) e "Love to hate", il concerto perde un pò di incisività, e la stessa Tarja sembra avere oscurato un pò di quella genuina semplicità che aveva caratterizzato le sue performance in passato.  Anche al successiva "Diva", che vede la cantante/soprano indossare una coroncina nera, resta piatta e priva di grandissime emozioni.
Era un concerto a tema rock (e quindi sarebbe stato sciocco immaginarsi una proposta troppo soft tendente alla musica lirica, non era questa la sede adatta), ma mi sarei aspettato almeno "Never enough", o "I feel immortal", e magari un medley dei Nightwish; il cruccio più grande però, è e resterà quello riguardante "The reign", che avrei davvero voluto ascoltare con tutto il cuore.
 Tarja ha poi saputo comunque conquistare il pubblico, specie con gli ultimi due brani posti (furbescamente) in chiusura - "Victim of ritual" e la splendida "Until my last breath" - ma il sentore di aver scelto una setlist poco convincente, alla fine, è rimasto. Di certo, meriterebbe di essere rivista in una proposta più ampia, ed in una sede che le renda giustizia più del piccolo Orion, sperando che anche quella bellezza "acqua e sapone" che l'ha sempre distinta non sia svanita del tutto.
Tirando le somme, questo doppio concerto è stato un grandissimo regalo per Roma ed era senza dubbio un appuntamento che non si poteva bucare, specie per chi nel passato ha consumato i cd degli Stratovarius e per chi, allora come oggi, non ha smesso di amare la voce angelica di Tarja
E così, la "sinfonia nordica" è arrivata anche alle nostre latitudini, ma non è stata gelida come si potrebbe pensare:perchè certi artisti e certe canzoni, nel bene o nel male, sono sempre capaci di riscaldare l'anima e rinvigorire lo spirito.

(R.D.B.)

P.S. Qui sotto, vi rimetto la foto del vinile in picture disc (formato 10'') venduto esclusivamente durante il "Nordic Symphony" tour. Come per il concerto, anche questo vinile è diviso in due; sul lato A dedicato a Tarja ci sono due brani live tratti dal recentissimo "Act II" ("Love to hate" e "Undertaker"), mentre il lato B, tutto degli Stratovarius, contiene l'inedito "Enigma" e la versione orchestrale di "Unbreakable". Uno splendido souvenir del concerto, non c'è che dire.




giovedì 25 ottobre 2018

INCUBI E DELIRI IN CONSOLLE:UN HALLOWEEN IN MUSICA

INCUBI E DELIRI IN CONSOLLE:
UN HALLOWEEN IN MUSICA


 

















Non poteva mancare, anche quest'anno, un post dedicato alla festa che amo di più:Halloween.
La musica è strettamente collegata alla festa delle zucche, così come il mondo della letteratura e del cinema, e lo è sia sotto il profilo strettamente giocoso che in quello un pò più serio e spaventoso.
Un anno fa parlai soltanto di dieci pezzi, e fu una scelta piuttosto circoscritta e suddivisa proprio tra questi due spiriti in cui si può inquadrare questa ricorrenza. Stavolta ho deciso di alzare il tiro; mi è stato chiesto di preparare la scaletta musicale per un Halloween party, e così da bravo dj ho deciso di elencare qui la setlist ideale per rappresentare al meglio lo spirito della festa. 
Le playlist, ciascuna di tredici canzoni, sono tre (quasi una quarantina di canzoni dovrebbero garantire un sufficiente accompagnamento musicale, e dovrebbe catturare l'attenzione a più riprese, con scelte per tutti i gusti), idealmente messe in un certo ordine e senza tenere conto del BPM (Battiti Per Minuto) per mixarle, cosa che potrebbe stravolgerne un pochino la sequenza. 
Per scoprire il perchè di questi tre "blocchi" non dovrete far altro che leggere il commento che precederà ogni elenco. 
Inevitabilmente molte scelte sono state dettate dai miei gusti personali, ed ognuno di noi può percepire od interpretare un determinato brano da angolazioni diverse:ciò che spaventa o diverte una persona può far ridere un'altra, il risultato è del tutto imprevedibile e soggettivo; ciò che lega tutte queste canzoni è fondamentalmente il tema horror, spassoso od inquietante, sia che si parli di zombi, di vampiri o fantasmi.
Nonostante lo spirito di Halloween sia piuttosto giocoso (e la stragrande maggioranza dei brani che leggerete rientrano in questo spirito), a me piace mettere un pizzico di pepe nelle selezioni musicali; per questo mi tengo sempre uno spazio - più o meno importante - per proporre qualcosa di veramente inquietante, che possa dare peso e sostanza ad una serata tra adulti (o bambini cresciuti, come volete).
Se siete in cerca di qualche idea musicale per un party dedicato a Jack O'Lantern, qui troverete pane per i vostri denti. 
Questi sono i dischi che io porterei dietro nel mio flycase.

ZUCCHE ROTOLANTI
E' il momento di dare il via alle danze, e per farlo c'è bisogno di pezzi arcinoti, canticchiabili, leggeri, che possano invitare la gente a ballare ma allo stesso tempo possano essere un buon sottofondo se si sta mangiando o parlando. Qui si devono per forza concentrare gran parte delle colonne sonore tratte dai film, che hanno un potente richiamo visivo e che offrono la giusta ispirazione, specie se si tratta di una festa in maschera. E quindi:non può mancare la canzone per autonomasia adatta ad Halloween, e cioè "Thriller" di Michael Jackson. "Ghostbusters" di Ray Parker Jr. e "Lullaby" dei Cure sono altri due grandi classici immancabili in ogni playlist che si rispetti, mentre il tema di The Walking Dead e la sigla di Stranger Things garantiscono una ventata di freschezza in mezzo ad un bel pò di revival, trattandosi di serie ancora in corso e proposte negli ultimi anni. La chicca di questa selezione? Senza dubbio é "Cry little sister" di Gerard McMann, tratta dalla colonna sonora del cult-movie "Lost boys". A chiudere, sia Alice Cooper (con "Poison", ma anche con "Welcome to my nightmare", a seconda dei gusti) sia "Square Hammer" dei Ghost garantirebbero un perfetto scivolo verso qualcosa di più rock, più pesante ma non meno divertente...
1 - MICHAEL JACKSON - THRILLER
2 -THE RAMONES - PET SEMATARY
3 - RAY PARKER JR. - GHOSTBUSTERS
4 - KYLE DIXON & MICHAEL STEIN-STRANGER THINGS
5 - THE CURE - LULLABY
6 - BEAR MCREARY - WALKING DEAD MAIN TITLE
7 - BOBBY PINKETT - MONSTER MASH
8 - GERARD MCMANN - CRY LITTLE SISTER
9 - HAMMER - ADDAMS GROOVE
10 - ENIGMA - SADENESS PART I
11 - ROCKWELL - SOMEBODY'S WATCHING ME
12 - ALICE COOPER - POISON
13 - GHOST - SQUARE HAMMER







ZUCCHE INFIAMMATE

Si riscaldano gli animi, ed allora è tempo di sfoderare chitarre e rullanti, orientando la selezione musicale verso l'heavy metal, da sempre enorme pentolone da cui si può attingere a mani basse. Iron Maiden (qui ho inserito "Fear of the dark", ma pensate anche a "The number of the beast" o "Bring your daughter to the slaughter"), ma anche King Diamond e Dio rappresentano grandi classici, con una notevole libertà di scelta tra le canzoni presenti nelle rispettive discografie. Rob Zombie con il suo album dedicato a mostri e affini "Hellbilly Deluxe" (da cui si può pescare un pò di tutto, ma "Dragula" è ormai un inno a tutti gli effetti), è un altro personaggio immancabile, così come i nostrani Death SS:tra tanti brani ("Heavy demons", "Terror", "Zombie" per citarne alcuni), la mia scelta è ricaduta sulla nuovissima "Witches dance", tratta dal disco appena pubblicato "Rock'n'Roll Armageddon", perfetto connubio tra musica elettronica e metal. Non posso non dedicare due righe anche a Mr.Lordi e compagnia diabolica:più Halloween di così non si può. 
Prendete e suonatene tutti.
1 - IRON MAIDEN - FEAR OF THE DARK
2 - LORDI - BLOOD RED SANDMAN
3 - DEATH SS - WITCHES DANCE
4 - MARILYN MANSON - SWEET DREAMS
5 - ROB ZOMBIE - DRAGULA
6 - OZZY OSBOURNE - BARK AT THE MOON
7 - AVENGED SEVENFOLD - WELCOME TO THE FAMILY
8 - ANGEL DUST - NIGHTMARE
8 - KING DIAMOND - THE FAMILY GHOST
9 - DIO - DREAM EVIL
10 - GHOST - DANCE MACABRE
11 - AGATHODAIMON - ALONE IN THE DARK
12 - DOKKEN - DREAM WARRIORS
13 - IN FLAMES - MONSTERS IN THE BALLROOM





ORE D'ORRORE...DAL VIVO

Si è fatto tardi, i bambini nbon suonano più al campanello di casa per il loro "dolcetto o scherzetto", ed è questo il momento di sfoderare quanto di più inquietante si possa andare ad attingere dal panorama fatto di sette note. Se siete facilmente impressionabili, girate al largo dal pezzo degli Jacula (recitato in italiano ed in latino, che è veramente capace di far accapponare la pelle), e prendete con le pinze i Carpathian Forest (in "The Eclipse/The raven" una voce diabolica narra cose poche rassicuranti) e "The order of death" dei Public Image LTD. (che si limita a ripetere all'infinto "This is what you want, this is what you get" - "Questo è ciò che vuoi, questo è ciò che ottieni", frase che risulta piuttosto inquietante ed ossessiva). Il "Laura Palmer's theme" tratto da Twin Peaks è cupo e funesto, mentre sia nel tema del thriller "Abandon", sia in "Lose your soul" (pezzo dei Dead Man's Soul tratto dalla colonna sonora della serie tv "Teen Wolf") compaiono delle voci di bambini che, come ben sapete, non sempre sono beneauguranti. 
Se poi vi siete spaventati anche guardando "L'arcano incantantore", il pezzo dance dei Prophecy potrebbe recarvi qualche brivido fastidioso:la filastrocca "Rosa di rose, fiore più di fiori, donna di donne, signora di signore" viene recitata un paio di volte da una voce ammaliante, ipnotica, ed in netto contrasto con la base musicale.
1 - ANGELO BADALAMENTI - LAURA PALMER'S THEME
2 - MARILYN MANSON - SWEET DREAMS
3 - CRADLE OF FILTH - HALLOWEED BE THY NAME
4 - PUBLIC IMAGE LTD - THE ORDER OF DEATH
5 - GOBLIN - PROFONDO ROSSO
6 - MIKE OLDFIELD - TUBULAR X
7 - JAMES HALL - PSYCHO KILLER
8 - DEAD MAN'S BONES - LOSE YOUR SOUL
9 - CLINT MANSELL - ABANDON
10 - PROPHECY - L'ARCANO INCANTANTORE
11 - CARPATHIAN FOREST - THE ECLIPSE/THE RAVEN
12 - JOHN CARPENTER - HALLOWEEN MAIN THEME
13 - JACULA - IN CAUDA SEMPER STAT



ENCORES:
- J.GEILS BAND - FRIGHT NIGHT
- MICHAEL JACKSON - GHOST


Due "bis" possono servire per alleggerire un'atmosfera forse diventata troppo satura e nera; sono due pezzi leggeri, che si incastrano alla perfezione come ideali titoli di coda. "Ghosts", pezzo del Re del Pop datato 1997 e tratto da un minifilm spettacolare, finisce con il rumore di una porta che sbatte; chiude così i battenti davanti a tutti i mostri e i demoni che hanno infestato le strade e le vostre case. 
Potrete tornare tranquillamente nel vostro letto?
Certo. Ma prima di spengere la luce, accertatevi che sotto non ci sia nessuno...















Buon Halloween a tutti!!!
(R.D.B.)









martedì 11 settembre 2018

RECENSIONE:A PERFECT CIRCLE - EAT THE ELEPHANT (2018)

A PERFECT CIRCLE - EAT THE ELEPHANT (2018)
LABEL : BMG
FORMAT : 2 X LP ALBUM
(RED AND BLUE VINYL)






Avevo perso il conto di quanti anni sono passati dall'ultimo album degli A Perfect Circle. E avevo anche dimenticato che nei primissimi anni di questo nuovo millennio, in un panorama rock piuttosto statico, "Mer de noms" e "Thirteen steps" avevano dato una scossa abbastanza decisa a quel ristagno:non erano dei capolavori, ma offrivano un perfetto ibrido di musica gotica, melodica e post grunge che si rivelò davvero azzeccata. Quei dischi - lo ammetto - erano validi, mi erano piaciuti, ma negli anni erano finiti nel dimenticatoio. Come gli stessi A Perfect Circle, del resto; Maynard James Keenan è sempre stato impegnato con i Tool, a cui ha dato negli anni la priorità, James Iha ha fatto sempre da spola tra i Circle e gli Smashing Pumpkins, e la band è sparita dai radar per più di un decennio.
Questo mi ha portato a pensare che si fossero sciolti definitivamente, e che non avremmo mai più avuto un disco marchiato A Perfect Circle. Si arriva a questo 2018, e ad un pomeriggio di marzo (o almeno credo fosse marzo, più o meno) in cui entrando nel mio negozio di dischi preferito mi sono imbattuto in un curioso 10'' bianco, sul quale erano stati incisi dei simboli che ho definito "egiziani" (ma non lo sono) e che richiamano una qualche religione, o una qualche cultura mediorientale. Spiccava, sulla bustina in plastica trasparente, l'adesivo con il logo degli A Perfect Circle in bella vista, ed i due titoli contenuti nel singolo:"The doomed" e "Disillusioned".

Completamente impreparato ad un'uscita del genere, ed allettato dal basso costo a cui era stato prezzato il vinile, mi sono ritagliato cinque minuti per poter ascoltare su youtube "The doomed". Sono bastati i primi venti secondi a convincermi ad acquistare quel curioso vinile bianco. "The doomed" parte con una batteria filtrata e con effetto eco che dopo 4/4 entra in primo piano nelle cuffie e diventa possente e rimbombante, ed è subito accompagnata da uno di quei riff chitarristici"a tappeto", appena accennati ed ipnotici, che io semplicemente adoro. Recentemente, avevo pescato (e adorato) un passaggio simile in un pezzo dei Bullet For My Valentine (la canzone si chiama "Venom"), ma la struttura ha un antenato insospettabile:"Eye of the tiger" dei Survivor (sì, proprio quella della saga di Rocky).
Il brano di lancio degli A Perfect Circle è spiazzante, perchè non è niente che ricordi "Mer de noms" e "Thirteen steps". Di quel gruppo, è rimasto il logo ed i componenti che gli danno vita, ma di quella musica non c'è più nulla, o quasi. Chiamatela evoluzione, o capacità di sperimentare, ma è dannatamente valida e funziona alla grande. I temi politici già affrontati in passato, si fondono ora in un contesto sociale sprezzante, ambiguo e malato:
"Blessed are the fornicates
May we bend down to be their whores
Blessed are the rich
May we labor, deliver them more
Blessed are the envious
Bless the slothful, the wrathful, the vain
Blessed are the gluttonous
May they feast us to famine and war
What of the pious, the pure of heart, the peaceful?
What of the meek, the mourning, and the merciful?
All doomed..."
Compaiono i primi accenni anche a temi religiosi (l'incipit del brano recita "Behold a new Christ" - e allora quei simboli sul disco bianco dovranno pur significare qualcosa), e l'atmosfera generale in musica diventa claustrofobica prima, e rabbiosa sul finale, con l'ingresso della chitarra elettrica che va ad incastrarsi alla perfezione in un'evoluzione sonora e lirica disincantata ed amareggiata.  
"Disillusioned", il secondo pezzo dell'E.P., ricalca lo stesso schema anche se in modo più leggero:è un pezzo più riflessivo, perchè ad un intro sognante accompagnata da un giro di tastiera indovinatissimo, si susseguono un paio di minuti di meditazione sonora, con la voce di Maynard che interviene a tratti, pronunciando frasi criptiche e creando un effetto mistico, quasi allucinato:
"Dis- and re-connect to the resonance now
You were never an island
Unique voice among the many in this choir
Tuning into each other, lift all higher..."
Ascoltare ed interpretare il pezzo ti estrania dall'ambiente, ti rilassa; fa lo stesso effetto di una canna, per intenderci. Gli attacchi alla società sono da individuare nell'autocritica verso il genere umano ("We have been overrun by our animal desire" - "siamo stati sopraffatti dal nostro desiderio animale") e dall'attacco al consumismo ed al voler apparire diversi ("Time to put the silicon obsession down" - "E' tempo di riporre l'ossessione per il silicone").
E, mentre analizzando il comparto musicale, "Disillusioned" ricorda qualcosa delle produzioni precedenti dei Circle, a colpire è la struttura eterea ed estraniante:i soliti integralisti dalla mente fatta a compartimenti stagni e malati per le suddivisioni di generi musicali sono arrivati anche a dire che probabilmente gli A Perfect Circle hanno dimenticato di aggiungere al mix finale la pista sonora su cui era incisa la chitarra. Sono chiacchiere da quattro soldi che lasciano il tempo che trovano, perchè "Disillusioned" funziona a meraviglia.
Con un assaggio del genere, mi sembrava d'obbligo dover concerdere una chance ad "Eat the elephant", l'album completo.
Scordatevi un approccio leggero:questo è un lavoro dalle molteplici sfaccettature, e richiede almeno all'inizio un ascolto attento.
Perciò armatevi del vostro bicchierino di liquore o di soda, ed accomodatevi sulla vostra poltrona preferita; soprattutto, sbattete fuori dalle palle il mondo esterno.
"Eat the elephant" non è un disco perfetto:ci sono alcuni episodi, all'apparenza trascurabili, che probabilmente andrebbero analizzati e riascoltati nel tempo; ma ve ne sono altri davvero spettacolari e degni di attenzione. Uno di essi è senza dubbio "Hourglass", che inizia con delle tastiere al limite della cacofonia e che ricordano il suono di un allarme; probabilmente è proprio quella l'idea che la band intendeva trasmettere. 
"Hourglass" è un gioiello sonoro fatto di rock, elettronica ed industrial. La voce di Keenan, filtrata al vocoder nel ritornello, è inquietante e rabbiosa e ben si sposa con il tappeto sonoro, ancora una volta soffocante, tirato e poco prima della coda finale, persino alienante. L'attacco politico si fa ancora più crudo e deciso (il passaggio "As they barbecue the sentinels then eat them right in front of you" - "mentre fanno il barbecue di sentinelle e le mangiano proprio di fronte a te" è davvero brutale), e senza distinzione di schieramenti, i Circle se la prendono con tutti:
"Aristocrat breaks down too
Democrat breaks down too
Oligarch breaks down too
Republicrat breaks down too
No hope left in the hourglass...
"

Contrarietà ad ogni forma di potere e di governo, insomma, con l'esplicito messaggio di disprezzo verso le guerre, ed un continuo ed opprimente ripetersi di un fantomatico conto alla rovescia che viene prima accennato e poi lanciato sul finale, per ben due volte, prima di essere bruscamente interrotto:
"A ten, nine, eight!
A ten, nine, eight!
A ten, nine, eight!
Eight, seven, six
Five, four, three, two...
"

All'ascolto, "Hourglass" colpisce perchè pur non essendo un pezzo particolarmente commerciale e di facile ascolto, ti prende con quella sua cadenza pachidermica al punto che poi vuoi riascoltarla un'altra volta, ed un'altra ancora, fino ad accorgerti che non ne puoi più fare a meno.
"Talk Talk" è un altro passaggio di assoluto rilievo, sempre sulla stessa falsa riga degli altri appena citati, ma più delicato:le frasi che si susseguono nel testo regalano altri momenti abbaglianti, capaci di trasportarti in un'altra dimensione. E' l'ennesima critica alla politica ed alla religione, due "mali" che affligono la società moderna. Un mondo ipocrita dove ipocriti parlano, ma alle parole non fanno seguire i fatti:
"...While you deliberate
Bodies accumulate
Sit and talk like jesus
Try walkin' like jesus
Sit and talk like jesus
Talk like jesus
Talk talk talk talk
Get the fuck out of my way...
"

Più avanti, il messaggio della canzone diventa esplicito, quando Keenan ripete per ben tre volte la frase "Don’t be the problem, be the solution" ("non siate il problema,siate la soluzione").
Terzo singolo estratto dall'album, "Talk talk" è forse uno dei pezzi più intriganti dell'intero repertorio degli A Perfect Circle, oltre ad essere un perfetto ibrido tra le sonorità di "Thirteen steps" e "Mer de noms". 
Ciò che rende grande, davvero, questo lavoro è la versatilità di certe produzioni:la sofisticata e sognante title-track "Eat the elephant" è l'unico momento veramente dolce dell'album (posto peraltro in apertura) in cui a farla da padrone è il pianoforte sognante di James Iha:ne viene fuori una ballad fuori dal comune, ma di notevole spessore; ascoltata in cuffia, camminando sulla spiaggia al tramonto, diventa persino toccante e visionaria. 
Il rock puro di "So long, and thanks for all the fish" sembra uscito direttamente da un disco dei R.E.M. (quelli di "Out of time" per intenderci), ma in una versione meno scarna e più dura, più energica.
Anche in momenti apparentemente più leggeri, i Circle restano coerenti con il messaggio che intendono trasmettere, e che nasce da un  profondo malcontento esistenziale:
"Time is money and money is time
We wasted every second dime
On politicians, fancy water
And guns, and plastic surgery...
"

La continuità tra tutti i brani non manca, da "The contrarian", passando per "Feathers" il disco va giù che è una bellezza, ed anche quelle che apparentemente sembrano essere le canzoni meno riuscite si lasciano ascoltare. 
Il fatto che un disco abbastanza complesso e in alcuni punti spiazzante, dopo qualche ascolto si lasci cantare senza discostarsi da uno stile che seppur rinnovato è da subito ben definito, diventa un enorme punto a favore.  
Insieme a tutto ciò va considerata la capacità di offrire una varietà di sensazioni, dall'inquietudine alla voglia di ribellione, fino ad arrivare ad un "amaro disincanto" (citando Renato Zero):è come avere davanti a sè una vaschetta di gelato con tanti gusti diversi, e degustarne un cucchiaino di ognuno:i sapori cambiano, ma sempre gelato è.
La sensazione è che questo doppio lp finirà spesso sul piatto, anche fra qualche anno, e la longevità è prerogativa di ben pochi album ai giorni nostri. 
"Eat the elephant" è da giugno in circolo, e per ora sta mantenendo fede all'impressione iniziale, che anzi risulta persino amplificata, visto che mi sono preso la briga di raccontarlo qui.
Il gruppo a dicembre sarà a Roma, e la tentazione di non farselo sfuggire è tanta. Nel caso in cui decidessi di andarli a vedere, tornerò a parlare molto presto di loro qui su Musical Maniak.  

VOTO: 8/10
BEST TRACKS: "THE DOOMED", "TALK TALK", "HOURGLASS", "EAT THE ELEPHANT", "DISILLUSIONED".








venerdì 10 agosto 2018

"VENTI CANZONI CHE MI HANNO TOCCATO...TANTO DA RICORDARLE SEMPRE".

"VENTI CANZONI CHE MI HANNO TOCCATO...
...TANTO DA RICORDARLE SEMPRE".


Con questo incipit, sono stato invitato a partecipare su Facebook ad una di quelle catene, senz'altro più divertenti e piacevoli di quelle di Sant'Antonio (che non sopporto) dove si potevano elencare, giorno dopo giorno, i "dieci libri che ti hanno toccato, tanto da ricordarli sempre". Da lì è nata l'idea di modificare completamente il tema letterario, e trasportarlo nella musica. E così ho dato il via al post "le dieci canzoni che mi hanno toccato...". 
Sceglierne solo dieci su tutte, direte voi, deve essere stato difficilissimo; ed invece no, perchè in una classifica del genere saprei dover andare a parare:ci sono canzoni chiave nella nostra vita che, in post simili, è impossibile non menzionare. E partendo da questo presupposto, dieci pezzi sono venuti fuori con una semplicità disarmante, anche se un pochino di dispiacere nell'escluderne almeno altrettanti dieci c'è stato. E così ho prolungato la mia personale lista portandola a venti. 
Ecco, venti possono bastare, sono sufficienti.

Qui su Musical Maniak, riporterò la lista dei venti brani che giorno dopo giorno ho scelto, tale e quale. 
Il post originale di Facebook sui libri, chiedeva di aggiungere una foto del libro citato, senza aggiungere nessuna spiegazione sul perchè contava così tanto da inserirlo in una selezione del genere. Anche il post musicale seguiva lo stesso schema, ma qui due righe di motivazione sul perchè ho messo quella canzone e non un'altra, mi sembrava doveroso aggiungerle. Per il resto, riprenderò le stesse identiche scelte fatte sul mio profilo:essere coerenti è un esercizio difficile, ma imprescindibile. In qualsiasi campo.


1 - MICHAEL JACKSON - DIRTY DIANA
Pronti? Via! Se dovessi scegliere una canzone, e solo una da portarmi su un'isola deserta sarebbe "Dirty Diana". Primo:perchè è del mio artista preferito in assoluto. Secondo:è un pop/rock di splendida fattura, cupo ed evocativo, splendidamente arrangiato ed interpretato. Terzo:è nell'album che io considero perfetto di Michael Jackson:"Bad". Narra la storia di una groupie di provincia, lasciando intendere quanto, in certi casi, molte di queste figure siano disposte a tutto pur di avere in cambio visibilità e successo:"Diana walked up to me, she said I'm all yours tonight, at that I ran to the phone sayin' baby I'm alright, I said but unlock the door because I forgot the key, she said he's not coming back because he's sleeping with me...".
Con "Dirty Diana" è stato amore (sonoro) a prima vista:più di tutto, mi fa impazzire quella tastiera che supporta tutto l'impianto della canzone, che diventa vera e propria estasi quando si aggiunge anche il violoncello, ad inizio terza strofa. Per non parlare poi della voce di Michael con l'effetto eco, che a tratti dona alla canzone quasi un'atmosfera spettrale. E poi la chitarra di Steve Stevens, che segue passo passo il ritornello fino a lanciarsi in un assolo bissato nel finale, quando la musica si concede in uno sfogo esagerato, esplosivo, liberatorio. Levatemi tutti i dischi, cancellate tutto il resto della musica, ma "Dirty Diana" lasciatemela sunoare fino all'ultimo dei miei giorni.


2 - BRUCE SPRINGSTEEN - STREETS OF PHILADELPHIA
Andai a vedere il film "Philadelphia" al cinema con mio nonno, che è l'artefice della mia passione per la musica:a lui sono legati i primi dischi acquistati, ed è grazie a lui che ho scoperto quanto sia bello cercarli, studiarli, ascoltarli, collezionarli.
Scegliemmo quel film perchè ci incuriosì lo stralcio di questa canzone che ascoltammo nel trailer. Nonno aveva una serie sconfinata di cassette audio di Fausto Papetti ed era un grande estimatore di Julio Iglesias, di cui possedeva diversi lp. Io avevo già scoperto Michael Jackson, il pop di Madonna e Prince, il rock degli U2, il grunge dei Nirvana, e per questo i nostri gusti musicali cozzavano un pochino.
"Streets of Philadelphia" fu il brano che ci mise d'accordo, definitivamente. Piaceva da matti allo stesso modo ad entrambi. Quando uscimmo dal cinema, notai mio nonno visibilmente commosso:è stata la prima ed unica volta che ho avuto modo di vederlo con le lacrime agli occhi. Anche Springsteen ha giocato molto sull'impatto emozionale:"Streets of Philadelphia" ha una struttura semplicissima, batteria, tastiere e voce. Nient'altro. 
Ognuno di noi porta nel cuore dei ricordi che spesso sono legati ad una determinata canzone. Ciò che ho appena scritto, credo sia esemplificativo per lasciarvi immaginare cosa significhi per me, ogni santa volta che lo riascolto, questo pezzo del Boss.


3 - THE CURE - BURN
Cosa succede se in quello che, da subito, capisci che sarà per sempre il tuo film preferito, partecipa alla colonna sonora uno dei gruppi che hai amato da quando hai inziato ad ascoltare la musica? Succede che la canzone che ne deriva non te la togli più di dosso. Mai più. 
"Burn" è quanto di meglio potesse rappresentare "Il Corvo". Composta su commissione per il film, e voluta fortemente sia dal regista che dall'autore dei fumetti James O'Barr (dall'immagine di Robert Smith pare abbia tratto ispirazione per realizzare il protagonista), "Burn" è, per me, la canzone gotica per autonomasia. Dark al punto giusto, orecchiabile, con quei tamburi che le donano vita, le chitarre impastate alla perfezione, e la voce di Robert Smith che va ad impreziosire un comparto sonoro imponente:"Don't look don't look" the shadows breathe...whispering me away from you
"Don't wake at night to watch her sleep"...You know that you will always lose this trembling, adored, tousled bird mad girl...
But every night I burn, every night I call your name, every night I burn, every night I fall again...
". Uno dei miei più grandi desideri, è aver l'occasione di sentir questo brano dal vivo, un giorno, prima che sia troppo tardi.



4 - R.E.M. - DRIVE
Quando mi avvicinai alla musica, "Automatic for the people" era appena arrivato nei negozi di dischi. Fu un incontro inevitabile con la musica dei R.E.M., che già avevano alle spalle un'abbondanete manciata di dischi, ed il super-hit "Losing my religion". E così, quel primo approccio è rimasto nel cuore, e ben stampato nella memoria. "Automatic" è un grande disco, con autentici classici della musica rock, ma "Drive" è il brano di cui proprio non potrei fare a meno. E' un pezzo ipnotico, cantilenante e ripetitivo, ma carico e drammatico. E così, in una buona dose di introspezione, passando per la serie di non-sense interpretabili nel testo, si inserisce anche un pizzico di energia (derivata dalla chitarra elettrica); "Drive" diventa un pezzo solenne, magnificente, perfetto sotto ogni punto di vista. Non stupitevi se, spesso, citando frasi fatte in  inglese, mi sentirete pronunciare la frase "maybe you're crazy in the head" (letteralmente:"Forse sei pazzo nella testa"). E' una formula che adoro, e che è tratta proprio da questa canzone.


5 - GHOST - SQUARE HAMMER
Ah beh, non potevano mancare i Ghost, una delle mie più recenti scoperte, ma anche una delle band-rivelazione dell'ultimo decennio in campo metal. Ne ho ampiamente parlato in diversi altri post su questo blog, se volete scoprire chi sono. Vi basti sapere, in questa sede, che la componenente dark ed il metal più orecchiabile ed accessibile, unite insieme all'immagine a sfondo horror e chiaramente anticattolica sono gli ingredienti base del gruppo svedese, oltre ad essere tre elementi che io amo spassionatamente. Inevitabile che finisse così, non vi pare?
Perchè ho scelto "Square hammer"? Intanto è stata una delle primissime canzoni dei Ghost che ho ascoltato; inoltre ha un video spettacolare, che richiama da vicino i classici film horror della Hammer, ed infine è qui, su queste note, che ho capito che Tobias Forge ed i suoi Nameless Ghouls avrebbero monopolizzato i miei ascolti a venire.


6 - MICHAEL JACKSON - THEY DON'T CARE ABOUT US
"HIStory" è stato il primo disco che ho vissuto appieno sin dalla sua uscita; tutta l'attesa, le indiscrezioni, le notizie frammentarie (in un'epoca dove internet era ancora fantascienza) si materializzarono il 16 giugno del 1995, quando il disco arrivò sugli scaffali. A colpirmi subito fu questa "They don't care about us", una filastrocca funky di denuncia sociale che attacca le istituzioni ed il governo americano.
Da lì in poi, non ne ho mai  più potuto fare a meno:ciclicamente ho bisogno di riascoltarla. La canzone fu attaccata anche dalla comunità ebraica (che nel testo interpretò alcuni passaggi come antisemiti), costringendo Michael a "coprire" alcune parole ed a sostituirle. Ciò nonostante, venne lanciata come singolo con due splendidi video girati da Spike Lee:uno nelle favelas brasiliane, ed uno ambientato in un carcere, entrambi ottimi veicoli per il messaggio che il Re del Pop voleva trasmettere con la canzone. "Skin head, dead head, everybody gone bad, situation, aggravation, everybody allegation, in the suite, on the news, everybody dog food, bang bang, shot dead everybody's gone mad..." è l'incipit di un testo tirato, arrabbiato, che va dritto come un treno contro il sistema. "They don't care about us" è il grido disperato di un americano dalla pelle nera che non si sente trattato al pari dei suoi simili bianchi. L'energia e la carica con cui è stato proposto, oltre al massicio assolo che irrompe a metà canzone, lo rendono anche un ottimo pezzo per sfogarsi ed allentare la rabbia quando si è nervosi ed incazzati.



7 - PRINCE - PURPLE RAIN
Intensa, commovente, riflessiva; ci sarebbero altri mille aggettivi per definire "Purple rain", senza dubbio uno dei migliori pezzi pop/rock mai scritti. Sebbene la melodia nasca da accordi semplicissimi e da un arrangiamento elementare, la capacità di far vibrare l'anima è enorme, tale è il pathos che si crea all'ascolto. Quando la ascoltai per la prima volta, una volta finita rimasi imbambolato per almeno cinque minuti, cercando di assimilare ciò che avevo appena sentito:avevo la pelle d'oca. Sono otto minuti e passa di canzone sui generis, che ti rimangono impressi sin dalle prime note e ti trascinano fino alla fine con una coda pazzesca in cui Prince da libero sfogo alla sua istrionicità chitarristica. Il pezzo vive e convince anche preso singolarmente, ma assume tutta un'altra aura se abbinato al film omonimo, che ebbi modo di vedere in una notte insonne, accendendo la tv su un canale a caso; nel lungometraggio Prince racconta i suoi esordi, e la storia di un padre capace di scrivere canzoni bellissime che non può più suonare, e che sfoga la sua frustrazione sulla madre. Prince riscopre le composizioni del genitore, e tra queste lavora e rielabora "Purple rain", suonandola dal vivo e portandola al successo proprio mentre il padre è in fin di vita.


8 - HIM - JOIN ME IN DEATH
C'è stato un periodo, tra il 1998 ed il 2001, in cui gli HIM monopolizzavano i miei ascolti; ero un vero e proprio "love-metaller", ed andai a vederli in concerto ben tre volte. Ero incerto se includere "The funeral of hearts" o questa "Join me"; l'ha spuntata quest'ultima, perchè sebbene "Funeral" sia quella che negli anni ho ascoltato di più (non ho dubbi su questo), "Join me" è stata la "numero uno". 
E' stata l'inizio di tutto. E' stata la porta immaginaria che si è spalancata mostrando non solo il "love metal" coniato da Ville Valo e gli HIM, ma un pò tutto il filone gothic, che mi ha dato modo di conoscere le discografie di Entwine, The 69 Eyes, To/Die/For e Sentenced, per citarne solo alcuni. "Join me" è l'illusione di un amore viscerale, profondo e capace di rendere la morte il tratto d'unione definitivo per renderlo eterno. Chiaramente ispirato allo Shakespeare di "Romeo & Juliet", è anche il sigillo perfetto alle tematiche care al gruppo finlandese, che caratterizzano tutte le loro produzioni.


9 - GEORGE MICHAEL - ONE MORE TRY
"Faith" fu uno dei primissimi compact disc che comprai. George Michael all'epoca era ancora una delle icone del pop degli anni ottanta, ed in effetti quell'album era perfetto sotto ogni punto di vista. Fu l'interpretazione vocale, e quel grido disperato nei passaggi in cui George canta "So I don't want to learn to hold you, touch you think that you're mine..." a farmi innamorare di questo lentone strappalacrime, tanto semplice quanto intenso. Sarà forse meno "cantabile" di tante altre canzoni d'amore, ma caspita:"One more try" trasuda amore e disperazione da ogni nota, ed a mio avviso proprio per questa introspettività, intima e sentita, merita di essere considerata come una delle ballad pop più riuscite di sempre.

 
10 - QUEEN - WHO WANTS TO LIVE FOREVER
Capolavoro assoluto. In quali altri modi si può definire questo pezzo dei Queen?
Bisognerebbe dedicargli un post completo, ed analizzarlo secondo dopo secondo.
Mi limito, qui, a citare il passaggio a cui sono più legato, quello che all'epoca fu come una pugnalata al cuore, e che ancora oggi è capace di farmi emozionare, fino al punto di commuovermi :"...But touch my tears, with your lips; touch my world, with your fingertips, and we can have forever, and we can love forever...Forever is our today...". Il brano è anche tratto dalla colonna sonora del film "Highlander", che ha dato vita a "A kind of magic", uno degli album-capolavoro dei Queen.


11 - THE CURE - LULLABY
In bilico tra l'horror, il misterioso e l'inquietante, "Lullaby" è un pezzo multistrato, dove un tappeto elaboratissimo di tastiere tesse una tela come quella del ragno gigante che vive negli incubi di Robert Smith. E' tratta da quello che è di gran lunga il miglior disco dei Cure, "Disintegration", ed è il secondo brano del gruppo inglese che inserisco in questa particolare classifica:è un risultato non da poco, perchè a parte Michael Jackson, sono gli unici ad essere stati selezionati due volte:questo li fa già entrare di diritto tra i miei gruppi preferiti in assoluto. Avevo già parlato di questa meraviglia sonora in un post dedicato ad Halloween, ed era evidente che l'avrei riproposta in una classifica delle mie migliori di sempre:perchè dovete sapere che l'uomo ragno ha sempre fame ("...The spiderman is always hungry..."), ed ancora oggi io sono lieto di dargli da mangiare lasciando suonare al mio stereo la sua sinistra ninna-nanna .

 
12 - PINK FLOYD - HIGH HOPES
Ho conosciuto i Pink Floyd ascoltando "The division bell". Il perchè è presto detto:quando mi avvicinai alla musica, ascoltandola seriamente, quel disco era appena uscito. "Keep talking" veniva suonata in radio, ma io spesso mi soffermavo sulla strumentale "Marooned" e su questa "High hopes" che uscì successivamente come secondo singolo. Ebbi anche modo di ascoltarla dal vivo dal balcone di casa dei miei genitori, quando i Pink Floyd portarono il loro tour di "Pulse" a Roma, a Cinecittà. "High Hopes" racconta anni di gioventù ormai andata, con tono sommesso e carico di emozione; anni in cui l'erba sembrava più verde, il cielo più luminoso, e circondati da tanti amici ci si sentiva veramente felici, completi, vincenti:"The grass was greener, the light was brighter, when friends surrounded the nights of wonder...". Quando si diventa adulti, quella magia svanisce, e le cose che girano intorno a noi si guardano in modo diverso, più distratto, più assente. 
Essere adulti significa perdere gran parte dello status di sognatori, a scapito del realismo che è necessario per poter sopravvivere. Ricordare le nostre origini, però, è sempre motivo di conforto, è un segno tangibile del percorso intrapreso che non può, e non deve, mai essere banale.


13 - GUNS'N'ROSES - NOVEMBER RAIN
Nove minuti di canzone senza mai una punta di noia nell'ascolto; che dire? Gli assoli di Slash (soprattutto quello nel finale, signori, da standing ovation) e la vena malinconica che pervade tutto il pezzo sono autentiche gemme incastonate nella storia della musica rock, e che vivono ancora nei ricordi di molti di noi. "November rain" è un pezzo complesso, una vera e propria opera rock iper-strutturata e dalle molteplici sfaccettature; fa anche un certo effetto, ogni novembre di ogni santo anno suonarla all'impazzata, in una giornata uggiosa. Oggi ti entra nell'anima come in quel lontano 1992, te la ribalta, e poi ti lascia libero, svuotato, attonito, mentre le parole finali risuonano ancora nella testa come un martello:"Don't ya think that you need somebody, Don't ya think that you need someone, Everybody needs somebody, You're not the only one, You're not the only one...".
Credetemi, ben poche canzoni (ed ancor di meno in campo rock e metal) hanno la capacità di abbinare emozioni di tale portata ad una resa sonora così imponente e di qualità.


14 - MICHAEL JACKSON - GIVE IN TO ME
Già, ancora Michael Jackson. E ringraziate che non ho selezionato venti pezzi solo suoi (un giorno lo farò, preparatevi). "Give in to me" è un altro pezzo che riporta Michael al rock più sanguigno, parente diretto di quel che è stata "Dirty Diana" in Bad. Alla chitarra c'è Slash, che offre due assoli meravigliosi nella seconda parte della canzone. Ma a colpirmi sin dal primissimo ascolto (quando ancora usavo cassette e Walkman) fu la melodia di accompagnamento alle strofe, ed ancora una volta la accattivante interpretazione di Jackson. In un secondo tempo, ho iniziato ad apprezzare anche le lyrics, che raccontano la storia di un uomo che cerca di tenere testa ad una donna risoluta e manipolatrice, ma che alla resa dei conti è in balìa dell'amore che prova per lei:"You always knew just how to make me cry, and never did I ask you questions why; It seems you get your kicks from hurting me, don't try to understand me, because your words just aren't enough...".
Il ritornello è una scarica di adrenalina continua, fino all'apoteosi finale in cui la chitarra prende il sopravvento sull'impianto generale. Non potevo non includerla anche se mi duole aver dovuto escludere altri pezzi di MJ che amo alla follia, come "Ghosts" e "Smooth criminal".


15 - HELLOWEEN - FOREVER AND ONE
Da poppettaro travestito da metallaro quale sono, non potevo non scegliere almeno un pezzo di una band tipicamente heavy. Però sono un romanticone, anche; e quindi ecco qui quella che considero la più bella ballad mai incisa in ambito metallaro. Inoltre, se non erro, ne avevo già parlato in un post dedicato a quelle che per me sono le più belle canzoni d'amore metal di tutti i tempi. "Forever and one" ha tutto:melodia, un bel testo disperato, ma anche carico di speranza ("...Did you see what you have done to me? So hard to justify, slowly is passing by..."), un ritornello da stadio, sferzate di chitarra elettrica che si aprono dopo due strofe in un assolo pazzesco e una prova vocale di Andy Deris sopra le righe, notevole sia a livello qualitativo che a livello di interpretazione. Ribadisco ancora una volta che nel metal si nascondono autentici gioielli sonori, ed innumerevoli lenti di gran lunga superiori a tanti classici del pop. "Forever and one" nè è un chiaro esempio.


16 - THE POLICE - EVERY BREATH YOU TAKE
Una volta ascoltato, quel giro di chitarra non me lo sono più tolto dalla testa. Ricordo, in una lontanissima estate, quando ero ancora un ragazzo inesperto di musica, che questo pezzo veniva gettonato in continuazione nel juke-box del lido dove io e la mia famiglia trascorrevamo le giornate al mare. Era un vero e proprio tormentone, e mi piaceva da matti tanto da spingermi ad investire il pochissimo (all'epoca) budget a disposizione per comprare il "Greatest hits" dei Police in cassetta. E lì, su quel lato B, io ascoltavo "Every breath you take" per poi premere il tasto rewind ogni volta che terminava:è stata un'operazione ripetuta centinaia di volte. Il giro di chitarra e la melodia portante vennero rielaborati a metà degli anni 90 anche da Puff Daddy - con un campionamento su una base hip-hop, per un toccante tributo a Notorius BIG - ma l'originale, ancora oggi, è presenza fissa in quasi ogni mia playlist. E non poteva, quindi, mancare in queste scelte.


17 - KEANE - EVERYBODY'S CHANGING
Ampiamente sottovalutata dal sottoscritto al momento della sua uscita, per poi rivalutarla negli anni successivi, "Everybody's changing" è diventata senza dubbio la canzone che - almeno analizzando il testo - più mi rappresenta. Nelle parole " So little time try to understand that I'm trying to make a move just to stay in the game, I try to stay awake and remember my name but everybody's changing and I don't feel the same..." è racchiusa tutta la mia ideologia, il mio modo di essere, la stordita determinazione della mia personalità. 
Perchè è la verità, io cerco di restare a galla nonostante il mondo intorno a me cambi, nonostante vada avanti seguendo percorsi diversi dal mio, nonostante spesso io abbia l'impressione di stare fermo, e per questo di non essere adeguato. "Non importa quanto sia stretta la porta, quanto impietosa sia la vita; Io sono il padrone del mio destino. Io sono il capitano della mia anima". In queste parole tratte dalla poesia di William Henley intitolata "Invictus", come in "Everybody's changing", si rispecchia in tutto e per tutto la mia essenza.
P.S. Sia la poesia che la canzone, casualmente, sono state citate ed utilizzate in "One tree hill", una delle mie serie preferite. Un caso? Non credo.


18 - MICHAEL JACKSON - WHO IS IT
La complessità dell'arrangiamento, gli archi che pervadono tutto il brano e la splendida interpretazione del Re del Pop hanno fatto di "Who is it" un vero e proprio capolavoro senza tempo. Probabilmente, è anche il pezzo più sottovalutato del suo repertorio, ma in cuffia è autentica poesia. Parla di tradimento, di promesse non mantenute ("And she promised me in secret that she'd love me for all the time, It's a promise so untrue, tell me what will I do?") , e di un amore capace di annullarsi nel dolore, pesante ed opprimente come un macigno tanto da sentirsi dannati e già morti ("I am the damned, I am the dead, I am the agony inside the dying head..."). Intensa, struggente, disperata:"Who is it" è una progressione sonora che mi ha accompagnato in tanti passaggi nella mia vita, la classica canzone che sembra parlarti di scorci di un passato vissuto in prima persona. Ed è così, che ti tocca l'anima.


19 - R.KELLY - IF I COULD TURN BACK THE HANDS OF TIME
A mio avviso, questa è la ballad soul per autonomasia. Toccante dall'inizio alla fine, con la voce di R.Kelly modulata in varie tonalità fino allo struggente "I love you" finale, ripetuto più volte, "If I could turn" è un'amara riflessione sulla perdita di una persona cara, accompagnata da mille rimorsi che restano nel cuore come un macigno. "Funny, funny how time goes by, and blessings are missed in the wink of an eye..." sono parole laceranti, che racchiudono un danno irreparabile. A distanza di un ventennio, riascoltarle e suonare un pò tutto il brano equivale a sentire ancora le vibrazioni sulla pelle e sui sensi che provai più di un ventennio fa, quando vidi lo splendido video in anteprima; un video che parte dalla fine, e che va tutto a ritroso per tornare al punto di partenza, prima che la concatenazione di eventi facesse precipitare la situazione. Sappiamo tutti che non è possibile fare una cosa del genere, ma qunato vorremmo avere, almeno una volta, un'occasione simile nella vita?


20 - METALLICA - NOTHING ELSE MATTERS
A molti fans dei Metallica non è mai andato giù il "Black album", che ancora oggi viene visto come l'inizio della fine di Hetfield e soci. Tanto odio verso questo disco nasconde ottusità, perchè per me è un grandissimo disco, e "Nothing else matters" è la "Stairway to heaven" dell'heavy metal. E' la canzone con cui i Metallica verranno sempre ricordati, e che è entrata di diritto nella storia della musica. 
Ok, questi non sono pezzi che ci si aspetta da un gruppo che ha profonde radici nel trash, ma come non si può non amare questa melodia, semplice e diretta? Cosa importa che sia commerciale?
La grande musica va riconosciuta, in qualsiasi forma essa sia.
"Nothing else matters" è autobiografica, getta uno sguardo al passato del gruppo, come se i Metallica avessero voluto fare un resoconto di quello che erano fino a quel punto della loro carriera. Ma è anche canzone universale, un inno di autostima, di sincerità, di fierezza:"So close, no matter how far, Couldn't be much more from the heart, Forever trusting who we are, And nothing else matters...". Quando, qualche anno dopo, uscì "S&M", un live con l'orchestra "San Francisco Symphony" di Michael Kamen, questo pezzo acquisì, alle mie orecchie, anche una seconda giovinezza.
Alla resa dei conti, doveva esserci tra questi venti brani.
Per forza.

(R.D.B.)