lunedì 18 febbraio 2019

RECENSIONE:PRINCE & THE NEW POWER GENERATION - DIAMONDS AND PEARLS (1991)

PRINCE & THE NEW POWER GENERATION - DIAMONDS AND PEARLS (1991)
LABEL:PAISLEY PARK/WARNER BROS
FORMAT:2xLP SET





Istrionico, versatile, innovatore e creativo come pochi altri nella storia della musica, Prince Roger Nelson è stato uno dei primissimi artisti che ho scoperto quando ancora muovevo i primi passi verso la musica:a lui ed alle sue canzoni sono legati moltissimi ricordi della mia adolescenza, e grazie ai suoi lavori ho avuto modo di aprire il vaso di pandora del funk e del soul, per riscoprire vecchie glorie del passato (James Brown, ma anche Jimi Hendrix, Aretha Franklin, Kool & The Gang, per citarne alcuni); insieme al re del Pop, Michael Jackson, mi ha permesso di capire ed apprezzare la vera essenza della musica black, fino ad arrivare ad amarla. 
La storia artistica di questo cantante, autore, polistrumentista e produttore soprannominato "il genio di Minneapolis", parte a fine anni 70 e neanche in modo perfetto:il primo album è un mezzo fiasco, e la Warner Bros - casa discografica che aveva creduto sin dall'inizio al suo talento - gli concede un secondo tentativo, intravedendo in quel suo essere effervescente, ambiguo e individualista allo stesso tempo, un genio non comune. Lui riassembla un pò tutti i dettami della musica funky e soul, combinandoli con il rock e la sperimentazione, ridisegnando le coordinate di un genere e creando un nuovo melting pot sfrontato, caotico ma allo stesso tempo unico, tanto da meritarsi l'appellattivo di "Minneapolis sound":un vero e proprio filone creato dal nulla.
Il progetto "Purple rain" - disco più film -  è lo spartiacque della sua carriera:l'enorme successo lo eleva da musicista di talento a superstar, status che saprà reggere per un certo periodo, amministrandosi fino a scoprire che gli sarebbe andato comunque stretto:è impossibile imbottigliare l'ispirazione ed indirizzarla sempre verso il commerciale, standardizzandola. 
Dopo una manciata di album che ne confermano le doti di intrattenitore ed autore, una serie di singoli da alta classifica ("Kiss", "Alphabet street", "Batdance" dalla colonna sonora del primo, storico Batman di Tim Burton con Jack Nicholson nei panni del Joker) e qualche battuta d'arresto (il film "Under the cherry moon" si rivela un fiasco al botteghino, mentre il pur valido "Graffiti bridge", apprezzato dalla critica, non vende come ci si aspettava), iniziano i primi dissapori con la casa discografica. 
Prince reclama più libertà e autonomia nelle sue produzioni, cose che gli vengono concesse solamente in parte e che portano alla rottura; da lì in poi, il cambio di nome (prima in "Symbol" e poi in "TAFKAP - The Artist Formerly Known As Prince") per liberarsi dalle clausole contrattuali (in quel periodo, Prince usava scrivere sulla sua guancia anche la parola "slave" - schiavo - in segno di protesta) gli permettono di ritagliarsi l'autonomia tanto agognata. La libertà dai dettami della Warner, se da un lato sdogana la sua ispirazione, dall'altro lo induce a diventare schiavo di sé stesso e della sua pulsione produttiva, spingendolo a scelte discutibili ed a pubblicare lavori confusionari e rischiosi, che inevitabilmente si rivelano dei flop commerciali e ricercatezze per pochi estimatori. Gli ultimi anni ci hanno restituito un Prince più maturo e misurato, ma pur sempre inquieto ed inarrestabile a livello musicale:"Musicology" è l'album che lo riporta in vetta alle classifiche, grazie anche alla riscoperta delle sonorità grezze e decise dei suoi esordi, rielaborate e raffinate da un tocco deciso di jazz. E' in questi anni, che egli dimostra anche di essere innovatore non solo su un piano musicale, ma anche a livello strategico; intuisce prima di tutti le potenzialità del web, distribuisce dischi tramite il suo sito ed abbinati ai biglietti dei concerti (facendo così lievitare le vendite), ne lancia uno in digitale grazie alla piattaforma Tidal, mentre un altro lavoro viene distribuito nelle edicole abbinato ad un giornale. Un autentico vulcano creativo, capace di dividere pubblico e critica, inabissato in un fiume di progetti istintivi, troppo spesso abbozzati e non sempre studiati a dovere che si bloccano definitivamente, ed improvvisamente, una  triste sera di un aprile di tre anni fa, quando viene annunciata la sua morte.
Uscito nel 1991, "Diamonds and Pearls" è il primo disco che Prince pubblica insieme al suo nuovo gruppo, chiamato "The New Power Generation" detta anche "NPG"; la band la ritroveremo anche nel successivo capolavoro "Symbol", che fino all'ultimo ha lottato per reclamare il suo posto in questa recensione:perchè ho scelto "Diamonds and Pearls"? Per due semplici motivi:è il primo cd di Prince che ho comprato, ed è un lavoro più omogeneo, per alcuni versi seminale:senza di esso, "Symbol" non ci sarebbe stato.
Il Prince che si presenta sul mercato agli inizi degli anni 90, viene da un disco interlocutorio come "Graffiti Bridge":anch'esso abbinato ad un film/musical (stavolta di scarso successo), viene  acclamato dalla critica sul piano musicale e riscuote un discreto - ma non eccelso - successo commerciale:pezzi come "Thieves in the temple" (su tutti) e "New power generation" giustificano l'opera nel suo complesso, che a mio avviso rimane però imperfetta e sconclusionata sotto troppo punti di vista.


"Diamonds and Pearls" viene lanciato da "Gett off", un singolo potentissimo con un giro di basso al limite della cacofonia. Prince, nel rimarcare il suo essere sregolato, trasgressivo e sopra le righe, lo presenta agli MTV Music Awards scandalizzando il pubblico con un vestito giallo che gli lascia scoperte le natiche. L'abile mossa mediatica fa gridare allo  scandalo la stampa, dando visibiltà all'uscita imminente dell'album. Il pubblico risponde positivamente, tant'è che sin dalle prime settimane il disco dimostrerà di avere una marcia in più rispetto al lavoro precedente. "Gett off" è un'evoluzione della canzone "Glam Slam" e prende forma e sostanza da alcune rielaborazioni di brani scartati da "Graffiti"; dopo diversi stadi di evoluzione, in cui viene impreziosito da un assolo di chitarra dello stesso Prince e dall'ipnotico flauto di Eric Leeds (collaboratore del folletto di Minneapolis da diverso tempo e membro aggregato a tutti gli effetti alla New Power Generation), viene ultimato ed inserito in scaletta poco prima di dare alle stampe l'album al posto della prevista "Horny Pony".
In particolare, è proprio il flauto di Leeds a caratterizzare il brano ed a renderlo catchy e orecchiabile:volete sapere le volte che mi sono ritrovato a fischiettarlo nel corso degli anni? innumerevoli.
Il funky possente e deciso, abbinato ad un melodico ritornello, fa di "Gett off" una hit nei nightclub americani, con Prince - come già avvenuto in passato - fedele alle sue allusioni sessuali, in un testo che risulta essere piuttosto spinto per gli standard dell'epoca (tanto da meritarsi il bollino "Parental Advisory" su tutte le edizioni pubblicate):
"...I clocked the jizz from a friend
Of yours named Vanessa Bet (Bet)
She said you told her a fantasy
That got her all wet (wet)
Something about a little box with a
Mirror and a tongue inside
What she told me then got me so hot
I knew that we could slide
Gett off, twenty three positions in a one night stand
Gett off, I'll only call you after if you say I can..."

"Gett off" ha tutti i crismi del brano di successo, ed infatti il singolo, grazie al carico di remix e rielaborazioni più o meno riuscite (su tutte la "Purple pump mix" che altro non è che un extended con parti vocali inedite ed ancora più edulcorate) scala le classifiche di tutto il mondo:in parole povere, il battistrada perfetto per il lancio del disco, che si dimostra sin dalle primissime battute all'altezza della fama delle migliori produzioni del genio di Minneapolis.
Il brano di apertura, "Thunder", è dirompente:ancora una volta è il basso a dominare su tutto il comparto sonoro, la performance vocale di Prince è impeccabile così come l'affiatamento con la New Power Generation che, a conti fatti, sarà la marcia in più per elevare il risultato finale a prodotto di assoluta qualità. "Thunder" è un'opener di grande effetto per il suo ritmo pulsante che ti entra subito in testa, e perchè si abbatte sui timpani come un tuono (per l'appunto) fragoroso ed improvviso. 
La presenza assidua di Rosie Gaines, vocalist della NPG, a supporto delle interpretazioni di Prince in quasi tutti i brani è una delle carte vincenti dell'intero lavoro:in particolare, la sua performance risalta in modo evidente nella title track, al punto da doverla considerare quasi un vero e proprio duetto; "Diamonds and Pearls" è, infatti, un pezzo di rara bellezza a cavallo tra pop e soul, sofisticato e delicato come un raggio di tiepido sole che si posa sul viso in pieno inverno:
"This will be the day
That you will hear me say
That I will never run away
I am here for you
Love is meant for two
Now tell me what you're gonna do..."
L'abilità di Prince di saper scrivere ed interpretare canzoni romantiche e toccanti non è mai stata in discussione:ricordiamoci che è lui l'autore della splendida "Nothing Compares 2 U" (portata al successo da Sinead O'Connor), per non parlare della struggente "Purple rain", o della sensualità erotica di cui trasuda "Scandalous" per arrivare alla delicatissima "I wish U heaven":sono tutti pezzi di altissimo profilo, ognuno con in dote una sfumatura diversa. Ciò che li accomuna, è la lontananza dai clichè del genere "ballad", che li rende distinguibili sin dalla prima nota e mai banali. 
Il disco regala anche altri episodi di grande spessore:"Cream" per esempio,  è pop fuso a funky, con l'incedere ritmico della batteria che da il via ad un gioco di chitarra sul quale Prince si offre in modo giocoso ed ammiccante, sfruttando ancora una volta una tematica dall'alto tasso erotico:
"This is it
It's time for u to go to the wire
U will hit
Cuz u got the burnin' desire
It's your time (Time)
U got the horn so why don't u blow it
U are fine (Fine)
U're filthy cute and baby u know it
Cream
Get on top
Cream
U will cop
Cream
Don't u stop
Cream
Sh-boogie bop..."
"Cream" è senza ombra di dubbio la canzone più immediata dell'intero lotto, se non di tutta la carriera di Prince Roger Nelson:un autentico highlight dell'intero album, accompagnato da un video lunghissimo e concatenato a quelli di "Diamonds" e "Gett off", in cui il nostro si esibisce in passi di danza altamente sensuali, accompagnato sempre da splendide ballerine. "Money don't matter
2nite" è un raffinato R&B old-school, che affronta una tematica poco comune - chissà perchè - nella musica leggera:il gioco d'azzardo. Si narra la storia di un soggetto capace di spendere una fortuna al Black Jack ("one more card and is 22" recita l'incipit della canzone - nel Black Jack il punteggio massimo è ventuno, e se totalizzi un valore più alto, sballi e vince il banco) e di quel particolare momento in cui ci si convince che puntando sempre di più si possa rientrare delle somme perse: 
"One more card and it's twenty two 
Unlucky for him again
He never had respect for money it's true
That's why he never wins
That's why he never ever has enough
To treat his lady right
He just pushes her away in a huff
And says 'Money don't matter to night'..."
Nella seconda strofa, la tematica si evolve:sono gli investimenti azzardati a far crollare chi non sa dare la giusta importanza al denaro, mentre il tappeto sonoro, soffuso e delicato, accompagnato da una voce quasi rassegnata - a riprova delle ottime capacità interpretative dell'artista - si dipana in un ambiente quasi jazzistico davvero riuscito; ne esce fuori un altro grande pezzo, piacevole all'ascolto e capace di variegare la scaletta dell'album, offrendo tra tanto trambusto di bassi e sonorità funky un momento di pausa e riflessione.
"Diamonds and Pearls" però non si regge soltanto sui singoli; la sperimentazione di puro soul-jazz di "Willing and able", cantata interamente in falsetto è qualcosa di spiazzante:non cattura al primo ascolto, ma si lascia apprezzare dopo un pò di tempo. 
"Daddy Pop", secondo brano in scaletta, è un altro frenetico funky con inserti hip-hop, gran bel pezzo ballabile e d'impatto. Diretta parente di "Scandalous" è "Insatiable", episodio introspettivo che sprizza sensualità proprio come il suo predecessore, con un testo perentorio che non lascia spazio ad interpretazioni:
"Turn the lights off
Strike a candle
No one that I've ever
Knows how to handle
My body
The way you truly do
Insatiable's my name, when it comes to you..."
Quella del sesso è una delle tematiche care a Prince che, al pari di Madonna, non si è mai fatto problemi a trattare, talvolta anche scandalizzando per gli standard dell'epoca:l'erotismo e la sensualità sono parte integrante della sua arte, basti pensare a "Darlin'Nikki", pezzo in cui nel lontano 1984 descriveva le prestazioni di una prostituta, o il video di "When doves cry" dello stesso anno, in cui Prince si fa riprendere completamente nudo, senza dimenticare la già citata "Scandalous" in cui - narra la leggenda - l'artista e Kim Basinger pare abbiano inciso le parti vocali durante un amplesso. Da questa idea quasi ossessiva per tutto ciò che concerne la sessualità nasce anche "Push", altro pezzo funky in stile Earth Wind & Fire, con l'unica differenza che qui c'è una vera e propria corazza di arrangiamenti ed il solito basso pulsante; le casse pompano che è una bellezza, ed è una soddisfazione per chi, come il sottoscritto, ama la musica da suonare ad alto volume.
Ciò nonostante, non ci troviamo di fronte ad un album perfetto; "Strollin'" e "Jughead" anche dopo diverse prove d'ascolto, risultano apprezzabili e niente più:l'idea che possano essere dei riempitivi è più di un sospetto - la produzione successiva di Prince sarà piena fino all'orlo di pezzi evitabili - ed è come se egli avesse voluto per forza di cose riempire la durata dell'allora nascente supporto in cd a discapito del vinile (che infatti alla fine fu un doppio).
Nel complesso però, a mio avviso "Diamonds" resta uno dei lavori più riusciti della carriera dell'artista americano, ispirato, vario e dalle innumerevoli sfumature; non un capolavoro, ma un'ottima prova in chiave funky e soul. Per gli amanti del genere, è un disco assolutamente da avere.
Ho seguito Prince fino ad un certo punto, lo ammetto:mi sono allontanato dalla sua musica negli anni della disputa legale con la Warner, quando la sua genialità artistica, finalmente libera di esprimersi, lo ha trasformato in un produttore di musica bulimico, agitato, senza freni. Da lì in poi stargli dietro è stata un pò per tutti un'impresa troppo ardua, ed i lavori che ne sono conseguiti troppo complicati e confusionari per essere capiti a fondo.
Dopo "Diamonds and Pearls", fatta eccezione per un altro paio di lavori di assoluta rilevanza (oltre al già più volte citato "Symbol", va ricordato "The Gold experience"), Prince non riuscirà più a sfornare lavori dello stesso livello; in particolare, proprio il successivo "Symbol" farà da spartiacque tra la produzione con la Warner e quella indipendente:non ci è dato sapere chi tra l'artista e la casa discografica avesse effettivamente ragione (anche se il mio parere è chiaramente a favore degli artisti, sempre), ma è chiaro come la Warner, limitando l'ispirazione vulcanica di Prince, abbia in qualche modo fatto sì che i suoi lavori fossero più ragionati e calibrati. Senza quel limite, il genio si è un pò perso, diluito nella sua iperproduttività (per la gioia dei fans), e l'impressione che un pò tutti hanno avuto dall'esterno è stata quella del tanto fumo e poco arrosto. 
Tornando al disco in questione, resta da fare una considerazione:nella musica attuale, artisti di tale portata, iconici, capaci di elaborare più generi fino a crearne uno a sè stante e di essere fonte di ispirazione per tanti altri musicisti, non ce ne sono più. E se a distanza di ormai quasi trent'anni, prendere e mettere sul piatto un album di Prince - quando ancora si chiamava così e solo così - è ancora un gesto tanto meccanico quanto piacevole, ci si trova per forza di cose di fronte a qualcosa di grande, di immortale.
(R.D.B.)

VOTO: 8/10
BEST TRACKS:"CREAM", "GETT OFF", "THUNDER", "DIAMONDS AND PEARLS", "MONEY DON'T MATTER 2NITE", "DADDY POP".