domenica 4 marzo 2018

TRACK BY TRACK:JUSTIN TIMBERLAKE - MAN OF THE WOODS (2018)

TRACK BY TRACK:
JUSTIN TIMBERLAKE - 
MAN OF THE WOODS (2018)
LABEL: RCA
FORMAT:LP LIMITED ORANGE VINYL 
('TARGET' EXCLUSIVE EDITION)





Il 2018 musicale si apre con il botto, e con il gradito ed atteso ritorno di Justin Timberlake sulle scene:un nuovo album, una performance strabiliante al Superbowl (dove insieme ad un medley dei suoi più grandi successi ha presentato la nuova "Filthy" e tributato Prince con una splendida rivisitazione di "I would die 4 U") ed una serie di nuovi videoclip dal forte impatto visivo.
Justin è uno dei pochi artisti in circolazione veramente completi:canta (e con ottimi risultati), scrive, produce, balla e recita persino (ormai la sua carriera cinematografica comincia ad essere davvero consistente, con svariati film all'attivo). Insomma, un artista universale, amato dal pubblico, dai media e dai colleghi, pluripremiato e dal talento cristallino. In un ambito strettamente musicale è considerato, ad oggi, forse il più grande cantautore pop sulla scena mondiale dopo Michael Jackson.
Un fenomeno di tale portata non nasce dal nulla:l'avventura con gli Nsync è stata solo un trampolino di lancio, ed a parte qualche record e qualche pezzo memorabile, non ha lasciato a livello musicale una grande impronta nella storia della musica. Il talento di Timberlake era però già ben visibile all'epoca, ed ha trovato la sua giusta dimensione nel primo lavoro da solista, "Justified", che sebbene un pochino acerbo, ha avuto il merito di lanciare singoli della portata di "Cry me a river" e "Rock your body". Il successivo "Futuresex/Lovesound"  è quello che, ad oggi, io considero il suo capolavoro assoluto:oltre ad essere un album veramente innovativo, per l'idea originalissima di far fare una sorta di metamorfosi a tutti i brani, la proposta complessiva è davvero al di là di ogni aspettativa:"What goes around comes around" resta un grandissimo pezzo di pop/soul contemporaneo, "Sexyback" un vero e proprio inno da club, e "Lovestoned/I think that she knows" è paragonabile alla storica "Don't stop 'til you get enough" di Michael Jackson, rivista e corretta in chiave moderna. Con il terzo lavoro della sua carriera, "The 20/20 experience", Justin ha superato sè stesso a livello di sperimentazione:ha lanciato ben due dischi nell'arco di 6 mesi (cosa vista come anti-commerciale dalle case discografiche, ma che a quanto pare ha funzionato alla grande), collegati tra loro da un filo conduttore semplice semplice:pop di classe, mescolato a tanto sano R&B, sofisticato e mai banale. E così anche pezzi apparentemente difficili come "T.K.O.", "Tunnel vision" e "Suit & Tie" hanno riscosso successo, mentre "Mirrors" ha letteralemente monopolizzato radio ed emittenti musicali, diventando in poco tempo un classico ed una delle più acclamate lovesong di sempre. 
In mezzo a tutto ciò:una ventina di film, alcuni dei quali ad alto budget e con Justin protagonista assoluto, qualche partecipazione di rilievo (tra Ciara, Rihanna, Timbaland, Duran Duran e persino in un inedito postumo del Re del Pop), e il fortunatissimo brano "Can't stop the feeling" per la colonna sonora del cartone animato "Trolls" della Dreamworks.
Si arriva così ai giorni nostri con questa nuova fatica, chiamata "Man of the woods". Per l'occasione, farò un lavoro simile a quello fatto con i Depeche Mode qualche mese fa. E quindi mi appresto a piazzare il vinile sul piatto, per analizzare traccia per traccia questo nuovo disco; premetto che non è un primo ascolto assoluto, perchè la curiosità era tanta ed appena uscito non ho potuto fare a meno di spizzicare qui e lì qualche anteprima. Però è senz'altro un'analisi ancora equiparabile alla "prima impressione", poichè è un album che devo ancora assimilare e fare mio.
E' tutto pronto, quindi posiziono la puntina e si parte:sentiamo cos'ha da dirci l'uomo dei boschi.

1-FILTHY
L'opener è anche il singolo di lancio, quindi il pezzo che conosco di più dell'intero lotto. E che dire? E' un gran pezzo pop, che ha il pregio di essere qualcosa di talmente originale da lasciare, alla prima impressione, un pò spiazzati. La capacità di Justin - già dimostrata in altri frangenti - è quella di essere commerciale ed orecchiabile senza per forza scadere nello stucchevole; "Filthy" non è per nulla scontata, nè nell'impianto musicale, imbastito con la solita maestria da Danja, pupillo di Timbaland, nè nella parte vocale, che spazia tra il parlato ed un cantato completamente rinnovato da alcuni salti di tonalità spettacolari e da un trascinamento di parole particolare ed inusuale. 
L'effetto che ne deriva, è quello del passare dal "ma come sta cantando?", al cantare in coro con lui:
"I said, put your filthy hands all over me
And no, this ain't the clean version
And what you gonna do with all that meat?
Cookin' up a mean servin'
No question, I want it
Fire up, everybody smokin'
Your friends, my friends
And they ain't leavin' till six in the morning (six in the morning)
Come chill, baby, you the coldest
Go far, put 'em on notice
If you know what I want, then yeah...
"
A livello di significato, non si va oltre ad una continua allegoria sessuale, spinta al limite dell'esibizionismo. Il mid-tempo elettronico su cui si muove tutto il pezzo, è un pop/R&B dalle forti influenze elettroniche (i Daft Punk non avrebbero saputo fare di meglio, nè avrebbero sfigurato in un pezzo del genere come guest-stars), che non porta nulla di esageratamente nuovo al panorama della musica moderna, ma che nell'insieme funziona alla grande. Gli inserti pomposi che intervallano la base ben si allacciano al video, quello sì, ipermoderno; il clip vede Justin in veste di inventore pronto a presentare al pubblico un robot dalle fattezze umane, che egli è capace di pilotare con i propri movimenti a distanza. Il pubblico a cui viene presentata questa macchina intelligentissima esulta estasiato, e rimane ipnotizzato dalla novità, ma quando tutta la presentazione sembra finire in trionfo, qualcosa va storto:un glitch fa sparire Justin che viene "informaticamente" cancellato (non saprei con quale altre parole descrivere questa scena, non vi resta che vederla!).
"Filthy" è davvero un'ottimo brano, e un'ottima scelta come primo singolo, anche se non rappresenta assolutamente lo stile di "Man of the woods"; anzi, alla resa dei conti, vedremo come ne risulti più un episodio a sè stante, completamente slegato da tutto il resto dei brani. A questo punto, si intuisce come il disco possa essere pieno di sorprese dalle molteplici sfaccettature. Vediamole.

2- MIDNIGHT SUMMER JAM
Si entra nel vivo con questo pezzo a cavallo tra un ritmo funky e un pezzo disco/boogie degli anni 70 (Earth Wind and Fire, Imagination, Kc and The Sunshine Band vi dicono qualcosa?); allo stesso tempo, strizza l'occhio sia al James Brown che fu (con quelle chitarrine acustiche ripetute all'infinito) sia a molti dei pezzi dell'ultimo Bruno Mars, per restare più attuali. Si intuisce chiaramente anche la mano dei Neptunes, a completare il minestrone. Però, proprio per aver attinto un pò qui, un pò lì, "Midnight summer jam" diventa un'accozzaglia di sonorità sparate senza costrutto, ed una perpetua citazione di mostri sacri della black music che ti fa passare 3/4 minuti scialbi, incapace di lasciarti qualcosa di compiuto nella testa. E' un passo indietro rispetto a "Filthy" e, considerando che è appena il secondo brano dell'album, è un campanello di allarme:e se "Man of the woods" non fosse un capolavoro come mi aspettavo? Non resta che andare avanti, e scoprirlo...

3 - SAUCE
Aperta da un'inaspettata chitarra elettrica, "Sauce" è quanto di più vicino Justin potesse partorire ispirandosi a Prince. Sembra davvero di ascoltare un pezzo inedito del genietto di Minneapolis, a cui Timberlake rifa il verso anche vocalmente. La nota positiva è che questo brano funge più da tributo che da scimmiottamento. Quella negativa è che non è esattamente ciò che mi aspettavo da Justin:se tributo doveva essere, avrei preferito che ci mettesse molta più farina del suo sacco, per creare una commistione di stili che, a mio avviso, si sarebbero sposati a meraviglia. Per questo non lo metterei tra gli episodi più riusciti dell'intero album; il rischio è anche che presto questa canzone sparirà dai miei futuri ascolti:non me ne voglia Justin, ma se voglio ascoltare Prince, ascolto Prince. Alla resa dei conti, "Sauce" mi lascia interdetto:perchè non so se considerarlo come un ulteriore passaggio a vuoto di questo disco, o se tentare di vederci qualcosa di buono. Se non altro, rispetto a "Midnight summer jam" abbiamo fatto un passo avanti.   

4 - MAN OF THE WOODS
No, mi duole dirlo, ma non ci siamo proprio. La title-track non è per niente all'altezza di quello che è Justin, e di quello che ha fatto fino ad ora. E' orecchiabile (almeno nel ritornello) ma per il resto è una canzoncina senza pretese, un filler inutile che, giunti alla quarta proposta del disco, mi preoccupa e non poco:l'album, invece di decollare si sta ripiegando su sè stesso, e il rischio di perdersi è altissimo. Se questo pezzo è country, è un country di bassa leva. 
Se è pop, non è roba che passerebbe nelle radio. 
Se è funky...davvero può essere funky? non lo è. 
Più la canzone suona nelle mie cuffie, è più penso che sprecarci altre parole sia inutile. Questo inciderà non poco nel mio giudizio finale.

5 - HIGHER HIGHER
A "Higher higher" spetta un compito difficilissimo:risollevare un album che sta crollando, e per fortuna ci riesce. Ecco finalmente un pezzo che merita di essere ascoltato e riascoltato, perchè in puro stile Timberlake, trascinante, con un sapore R&B che ti entra nelle vene, ed il sospetto che non sia stata messa a caso in scaletta come proposta successiva alla "Man of the woods" appena ascoltata è lampante.
Finalmente Justin torna al falsetto, con una grande prova vocale, mentre la chitarra acustica (di chiara ispirazione country) viene ripetuta in loop, accompagnando tutto il brano fino ad un bridge da brividi; il pezzo riprendere poi il motivo principale prima di lanciare il finale. "Higher higher" è anche il primo brano di "Man of the woods" che avrei desiderato durasse di più, ma bisogna pur accontentarsi:intanto, con questo suo tocco vellutato e piacevole, accarezza le orecchie e restituisce al disco dell'ex N'Sync un certo interesse, necessario per evitare di cestinare questo suo quinto lavoro. Inoltre, ci regala un brano più che valido, che difficilmente dopo qualche ascolto stancherà l'ascoltatore. Se fossi stato un addetto al marketing per il lancio dell'abum, avrei insistito fermamente per proporlo come uno dei prossimi singoli.

6 - WAVE
Che questo album sia un meticcio di svariati generi musicali, è ormai ben chiaro. Qui, in "Wave" subentra anche una vena raeggae, che non guasta:ma ancora una volta, invece di dare la svolta in positivo, Timberlake imbrocca la penalità come al gioco dell'oca:e si ritorna al punto di partenza. Il ritornello è praticamente inesistente, perchè interamente costituito dalla ripetizione della frase "Cause it ain't got no waves (waves)". Per carità, ci può stare: Justin aveva già fatto una cosa simile con "Sexyback", ma sapete tutti quanto quel pezzo spaccasse e fosse esplosivo, mentre il brano in questione resta piatto, non ha carica ed è tremendamente ripetitivo. Anzi, è di una noia (quasi) mortale. 
I colpi sparati a salve cominciano ad essere davvero troppi, giunti a questo punto. E con un bel pò di amaro in bocca, proseguo l'ascolto.

7 - SUPPLIES
Ecco uno dei due brani scelti per lanciare il disco insieme a "Filthy". E finalmente si torna su livelli più che decenti, perchè perlomeno "Supplies" è caratterizzata in modo deciso da arpeggi acustici piuttosto sinistri che, abbinati ad una base di impronta hip-hop, funzionano in modo particolare; il pezzo risulta così tirato, cupo e per questo a tratti quasi inquietante e claustrofobico. Dico sempre che la parte fondamentale di una canzone riuscita è il bridge - Michael Jackson era un maestro a crearne - e sebbene Justin pecchi spesso nel tirarne fuori, dimostra di avere abilità non comuni, che vengono fuori in modo lampante in frangenti come questo:"Supplies", poco prima di finire, cambia improvvisamente registro e quei pochi secondi impreziosiscono un pezzo già riuscito di per sè, oltre ad offrire uno stacco necessario per evitare che diventi troppo statico. 

8- MORNING LIGHT (FEAT.ALICIA KEYS)
Sarò sincero:questa "Morning light" è un pezzo senza dubbio valido, eppure non mi fa impazzire, e sono consapevole che sarà uno di quei brani in cui il mio gusto personale si scontra con il giudizio obiettivo. 
E quindi:non posso bocciare l'abbinamento del ritmo R&B, con l'arpeggio countrieggiante che si affaccia alla fine di ogni 4/4, mentre le voci di Justin ed Alicia Keys si inseguono in un connubio riuscitissimo di stili. Ma allo stesso tempo, non me la sento di ignorare ciò che arriva alle mie orecchie, e cioè un duetto che suona noioso, sciapo e privo di quei sussulti che ti fanno dire:"oh! questo passaggio spacca!". "Morning light", alla resa dei conti, è un pezzo dalle forti atmosfere soul, che ricorda vagamernte "Love and happiness" del soul-man di Memphis, Al Green; lo fa però in modo piuttosto sbiadito, senza grossi picchi di personalità da parte di entrambe le star. E quindi resto nella terra di nessuno, a dire che "sì, è carino, si ascolta", ma poi appena potrò (già lo so) andrò a spostare la puntina per passare al solco successivo.

9 - SAY SOMETHING (FEAT.CHRIS STAPLETON)
Oh finalmente ci siamo arrivati. E' il momento in cui Justin può giocarsi il jolly, e riportare "Man of the woods" ad un livello di decenza necessario per salvarlo. "Say Something" è il secondo singolo del disco, ed è davvero un pezzo riuscitissimo, su tutta la linea. La presenza di Chris Stapleton è un evidente indizio di quanto questa canzone abbia un sapore country, sul quale Justin si muove con inaspettato agio. E così in un attimo ti ritrovi a cantarla, alzando sempre di più la voce, mentre il ritmo semplicissimo (sul quale vengono inseriti dei leggerissimi accenni di basso elettronico che non snaturano il gusto "rurale" del country più grezzo) ti trascina, ti fa battere il piede per terra, ti fa schioccare le dita. 
E' splendido il modo in cui le due voci si inseguono e si sovrappongono nel ritornello, che - a mio avviso - è senz'altro molto, ma molto più riuscito di quello con Alicia Keys (e chi l'avrebbe detto?). Bellissimo anche il video, dove Timberlake si aggira all'interno di un palazzo enorme, tra luci soffuse e musicisti che lo accompagnano, camicione a scacchi e chitarra in spalla che più country non si può, mentre intona: 
"I don't wanna get caught up in the rhythm of it 
But I can't help myself, no, I can't help myself, no, no 
Caught up in the middle of it 
No I can't help myself, no I can't help myself, no, no, no 
Caught up in the rhythm of it...". 
E' lì che JT incontra Chris Stapleton, che suona con lui mentre la gente si affaccia dalle finestre, esce dalle porte, e batte le mani cantando in coro insieme a loro il ritornello:è un momento da brividi, che vi consiglio di vedere. "Say something" è uno di quei pezzi che ti fa rimpiangere di aver comprato l'album, anche se orami sai che non è un capolavoro.

10 - FLANNEL
Ed ecco un altro brano che ricalca le classiche composizioni country. Composizioni che in USA vanno tantissimo, ma che dalle nostri parti lasciano il tempo che trovano, perchè non fanno parte integrante della nostra cultura. "Flannel" però si ascolta con piacere, è una specie di filastrocca acustica e delicata, senza grosse pretese certo, ma non pesante. L'impressione è che faccia da ponte ad una chiusura di disco, che si spera sia all'altezza del Justin Timberlake che tutti noi conosciamo.

11 - MONTANA
Ed infatti, ecco servito un altro grande pezzo di rilievo, interamente R&B vecchio stampo, in pieno stile Imagination (avete presente "Just an illusion"?). "Montana" ha un ritmo simile anche a "Rock your body" (il grande successo di Justin contenuto nell'esordio "Justified"). Alle strofe cantate ed interpuntate da voci doppiate da Timberlake stesso, si aggiunge il ritornello in falsetto che dopo due passaggi apre ad un altro bridge valido; tutto ciò rende il brano nella sua semplicità un grande pezzo pop, buono da suonare e ballare nei club, ma anche da ascoltare seduti in poltrona. 
Ancora una volta, la pecca è che la canzone viene sfumata e forse finisce troppo presto:non si poteva proprio farla girare per un altro minuto e chiuderla in maniera decisa? 

12 - BREEZE OFF THE POND
Ci speravo in un miglioramento complessivo di questo lavoro, e per fortuna almeno in questo non sono stato smentito. Anche "Breeze off the pond", che è un pò una summa di tutto quello ascoltato fino ad ora, funziona:gli inserti acustici richiamano ancora una volta il country, mentre il ritmo sintentico e danzereccio di un R&B delicato ma incisivo allo stesso tempo lo rendono godibile e contagioso. E' questo l'ambiente naturale di Justin Timberlake, ed è inevitabile che qui riesca a tirare fuori il meglio di sè; questo è anche il brano in cui riesco a ritrovarci in modo più evidente un'ispirazione Jacksoniana. Bellissima la chiusura, che vede sfumare la musica mentre Timberlake continua a cantare a cappella.

13 - LIVIN'OFF THE LAND
L'album sta per volgere al termine, tra alti e bassi, eppure in questi pezzi finali sembra aver trovato la giusta quadratura:"Livin'off the land" infatti, è una canzone che parte lentamente, accompagnata da un giro ansioso e frenetico di basso (con le solite chitarre acustiche di supporto), fino ad aprirsi in un memorabile ritornello che lo trasforma in una proposta vincente.
Con semplicità e senza strafare, qui si ha anche la possibilità di sentire qualcosa di completamente diverso e veramente innovativo:unire soul, funky e country per molti potrebbe sembrare un accostamento azzardato, ma "Livin'off the land" è la prova che i generi succitati, se non eccessivamente stravolti, si amalgamo alla perfezione.

14- YOUNG MAN
Chiude un lavoro pervaso da luci ed ombre "Young man", brano che non aggiunge niente al lavoro complessivo, e che ci permette di ascoltare anche la voce, sul finale, del figlio di Justin. E' un altro di quegli incontri "padre-figlio" che già avevamo potuto apprezzare in passato in un pezzo di Will Smith (la bellissima "Just the two of us") e in uno di Eminem (la melanconica "Hayley's song"), solo per citarne alcuni. "Young man", a differenza degli episodi appena citati, scorre via senza lasciare il segno, ricalcando le stesse atmosfere di quasi tutto l'album. Ciò che non funziona in questa proposta, è l'eccessivo piattume che caratterizza il pezzo dall'inizio alla fine; si fa fatica a percepire l'arrivo del ritornello, che ovviamente non fa nulla per essere ricordato. 
In sostanza, è un altro filler di cui, volendo, si poteva fare a meno.

Purtroppo, è evidente come, pur volendo salvare il salvabile, e nonostante la presenza di autentici colpi di classe (i singoli finora estratti sono perle che non verranno dimenticate tanto facilmente), ci si trovi ad un album piuttosto al di sotto delle aspettative. 
Justin Timberlake ha voluto cavalcare l'onda del momento, quella della riscoperta di un sound tipicamente americano, regionale e fondato sulla tradizione, cercando di renderlo più internazionale. Ma il country è, e resterà, sempre un prodotto tipico a stelle e strisce. L'esperimento è stato già tentato qualche mese fa da Miley Cyrus (per quanto l'accostamento possa reggere) con gli stessi identici risultati alterni, ed in parte da Lady GaGa col suo più intimo, ultimo lavoro "Joanne". 
"Man of the woods" suona come un clamoroso passo indietro rispetto ai due "20/20 Experience", ed è lontano anni luce alla perfezione (seppur patinata) di "Futuresex/Lovesound".
Le capacità e la bravura dell'artista non vengono però messe in discussione; forse Justin ha pensato che fosse il momento giusto per osare, e proporre qualcosa di inaspettato pur rischiando di ottenere dei risultati più modesti con conseguente perdita di seguito. I numeri, del resto, sono sotto gli occhi di tutti:all'enorme successo di critica e di pubblico della performance al Superbowl (che rinverdisce ulteriormente lo status di superstar del personaggio) fa da contraltare il fiacco successo di "Filthy" nella Billboard Hot 100; "Say something" avrebbe potuto diventare una hit colossale, invece ha accusato il colpo ed al momento di scrivere sta facendo piuttosto fatica ad imporsi, mentre l'album dopo l'ovvio boom della prima settimana, è già in lento declino. Può darsi che con il tempo, e diversi altri ascolti (che ritengo necessari), in futuro questo disco acquisti più appeal. Per ora, mi lascia un pochino di amaro in bocca, e la stiracchiata sufficienza non può e non deve essere uno standard di riferimento per quello che, tra tutti e secondo il mio parere personale, è il diretto discendente al trono dell'unico ed inimitabile re del pop, Michael Jackson.

VOTO: 6
BEST TRACKS:"SAY SOMETHING", "FILTHY", "MONTANA", "HIGHER HIGHER"








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