mercoledì 20 giugno 2018

NON PRENDIAMOCI IN GIRO:DISCHI DA EVITARE COME LA PESTE

NON PRENDIAMOCI IN GIRO:
DISCHI DA EVITARE COME LA PESTE

Ogni tanto, è necessario fermarsi e tirare le somme su ciò che viene immesso sul mercato, anche se si tratta di dover tirare fuori un post abbastanza diretto e senza peli sulla lingua, come già avvenuto in passato. Ecco, quindi, un nuovo appuntamento con le stroncature di Musical Maniak.
Premetto che per arrivare al punto di dover scrivere di certi dischi, di solito devo essere arrivato ad un livello tale di scazzamento nell'ascolto che le parole vengono fuori a fiumi, di getto; ed arrivano senza che mi sprechi più di tanto a documentarmi sul pregresso degli artisti in questione, sulla cronologia delle uscite discografiche precedenti, e sulla lavorazione dei loro album.
I miei giudizi si basano sull'ascolto, e ringraziamo il cielo che, come evincerete dal post, non abbia speso dei soldi preziosi per ritrovarmi in casa dei dischi che avrei rivenduto domani stesso.
Il mio modus-operandi è semplice:scarico (no, non mi vergogno a dirlo, e difficilmente compro a scatola chiusa), ascolto e se mi piace, compro. Se ho dei dubbi, riascolto più volte, metto da parte e poi, dopo qualche giorno, riprovo:a volte capita di rimanere perplessi su un disco, ma può sempre accendersi una scintilla all'improvviso, e il disco "parte", mi entra nelle corde e riesce a convincermi. Se, come è successo poco fa, non va e non c'è proprio niente (o quasi) da salvare, cestino.
Perchè, signori, permettetemi di dire ancora una volta che i nostri soldi, sudati mese dopo mese, sono preziosi e vanno ben spesi:è necessario avere sempre le idee ben chiare su cosa si va ad acquistare. Il mio giudizio rimane strettamente personale, sia chiaro:l'onestà intellettuale mi suggerisce sempre di spingervi a sentire con le proprie orecchie, valutare e poi decidere. 
Qualcuno forse vedrà in questi dischi degli autentici capolavori, e nel caso ciò avvenga, buon per lui. A mio parere, però, i due album  di cui vi parlerò oggi sono passibili di critiche, e neanche tanto velate; e si parla di due artisti già affermati, non esordienti. 
Sono un uomo e una donna, una cantante pop dalla voce soul ed un rapper arcinoto, idolatrato negli States.
Lei è niente di meno che Christina Aguilera, che torna dopo un lungo silenzio dalle scene con "Evolution", mentre il secondo artista ad essere sotto esame è Kanye West, che pur non avendomi mai entusiasmato, in un modo o nell'altro si è ritagliato un angolino di storia del rap degli ultimi anni. Il suo disco si chiama "Ye", è uscito a sorpresa senza annunci e strombazzamenti, eppure ha avuto la forza di andarsi a piazzare al primo posto della classifica di Billboard; ciò ha incuriosito non poco il sottoscritto, che ha (ovviamente) voluto ascoltarlo.
Preparatevi, perchè stavolta mi toccherò essere conciso, diretto, e vi preannuncio che tira aria di brutti voti e segnacci a penna rossa su queste due release.

CHRISTINA AGUILERA - LIBERATION (2018)
LABEL:RCA
FORMAT:DIGITAL DOWNLOAD

Dove eravamo rimasti? Facendo mente locale, ed aiutandomi con Wikipedia, l'ultima fatica della Aguilera prima di questo nuovissimo "Liberation" risale al 2012, cioè sei anni fa; il titolo del disco era "Lotus", ed il fatto che io sia dovuto ricorrere ad internet per rinfrescarmi la memoria, sottintende che a parte il singolo di lancio "Your body" (che era meritevole di attenzione, ma non un capolavoro), quel disco era tutto tranne che memorabile. 
Ebbene, dopo tutti questi anni uno si aspetta che Christina Aguilera torni a calcare le scene in modo deciso, magari riagganciandosi allo stile che ha contraddistinto i lavori di maggior successo della sua discografia, e con l'idea di tornare a valorizzare le sue ottime qualità vocali. Il singolo a cui è stato affidato il lancio del disco, "Accelerate", è un pezzo piuttosto strano (poco orecchiabile, anche) a cavallo tra R&B e hip-hop, che vede la partecipazione dei rapper Ty Dolla Sign e 2Chainz. La presenza dei due però non riesce a salvare la proposta, che si muove in un ambiente pericolosamente sperimentale, risultando piuttosto sciatta, inutile e priva di costrutto. Sono lontanissimi i tempi dei singoloni come "Dirrrty", "Hurt" e "Genie in a bottle":"Accelerate" sembra uno scarto bello e buono che faticherebbe, in un buon album pop, a ritagliarsi persino lo spazio per essere incluso come bonus track. Il secondo assaggio, "Fall in line", ospita un'altra voce femminile, quella di Demi Lovato; il risultato però non cambia di tanto:va senz'altro meglio di "Accelerate", perchè almeno è un pezzo più ascoltabile, ha un ritornello che cattura, e se non altro tiene l'ascoltatore impegnato a sentirlo fino alla fine. Da qui a dire che la canzone sia pienamente riuscita, però, ce ne vuole. Bisogna accontentarsi, di questi tempi; peccato che rimarrà una delle pochissime cose accettabili dell'intero disco, ed ora ne capiremo il perchè.
"Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate" lesse Dante Alighieri di fronte alla porta dell'Inferno nel canto III della sua "Divina Commedia", e mai parole furono più indovinate per me mentre mi apprestavo a premere play sulla prima traccia di questo album. "Liberation" si apre con un intro di circa un minuto e mezzo dove si sentono voci di bambini (probabilmente i figli di Christina?), con un sottofondo pomposo di archi e pianoforte, molto toccante. 
Ora, un qualsiasi disco inizierebbe a macinare il primo vero brano, ed invece che ti fa la Aguilera? un secondo intro. La traccia due dura venti secondi e ti frega, perchè tu vedi un lavoro con quindici tracce, ma ne devi già scalare un paio.
"Searching for Maria" si volatilizza quasi subito, ed arriva "Maria", la prima vera canzone, finalmente.
L'emozione di sentire la voce di un Michael Jackson bambino intonare il ritornello di "Maria (you were the only one)", bellissimo pezzo soul tratto dal suo disco del 1972, "Got to be there", viene quasi subito soppiantata da un malumore generale che ti assale man mano che la canzone va avanti. Il perchè è presto detto:è un pezzo moscio, noioso, che la Aguilera canta così così, senza strafare e senza mai salire di tono. Peccato, perchè l'idea di andare a campionare un Michael Jackson d'annata meritava miglior sorte. Dal brano successivo in poi, il disco prende proprio una brutta piega:diventa, infatti, uno di quei mattoni R&B che io proprio non sopporto, infarcito di ballads e mid-tempo tutti uguali, sempre uguali, maledettamente uguali. 
Ma si può dare alle stampe un disco così? 
Voi non ne avete idea di quanti ne girino! 
Ti sparano nelle orecchie dieci/dodici canzoni una dopo l'altra fatte con lo stampino, senza sussulti, senza un pezzo veramente ritmato, o un qualcosa che smuova un pò quell'andatura pallosa che ti fa esclamare "che pizza!" dopo appena una manciata di minuti. E allora, entro appena nel dettaglio per descrivere le seguenti "Sick of sittin" (che fa un pò il verso alla Christina Aguilera di "Back to basics" senza incidere), "Dreamers" (che è un altro interludio con voci di bambini, cosa che a questo punto diventa stucchevole, oltre ad essere un'altra traccia rubata alla scaletta), "Right moves" (ritmo raggae piatto e lagnoso con tanto di ritornello monocorde), "Like I do", dal sapore tipico dell'R&B stantìo accennato sopra, che si ripete in "Deserve" e si perpetua in "Pipe" (vera e propria scimmiottatura dei ritmi tanto cari a R.Kelly). Neanche la ballad "Twice" riesce a risollevare le sorti di "Liberation", perchè non si può sperare che un lento riesca a smuovere un andazzo già statico e piuttosto deprimente. 
C'è spazio per un altro intermezzo (e fanno quattro, quindi i brani in totale si riducono a undici, altro che quindici come ti vogliono far credere), e si arriva alla traccia quattordici (!) per ascoltare un ritornello decente:"Masochist" ha quest'arma in più, strano ma vero:un refrain orecchiabile. Ma finisce lì, perchè il contorno è un arrangiamento privo di ritmo, lineare ma sempliciotto, che si trascina per tre minuti e mezzo. A chiudere il disco? Lo volete proprio sapere? una ballad, ovvio! "Unless I'm with you" è un lento per voce e pianoforte che neanche ho finito di ascoltare, tanto è stato il fracassamento di palle dopo l'ascolto di questo album sprizzante vita da tutti i pori. 

VOTO: 4/10
BEST TRACKS: "FALL IN LINE".



KANYE WEST - YE (2018)
LABEL:GOOD/DEF JAM
FORMAT:DIGITAL DOWNLOAD

Ad alto rischio "noia", oltre ai papocchi soul/R&B, ci sono anche gli album rap. In America, per esempio, vanno pazzi per i lavori di Drake. Io giro al largo, osservo il successo stratosferico che ottiene di volta in volta, ma con tutta la buona volontà non ce la faccio. E' una proposta, la sua, originale e quasi mai scontata, c'è da riconoscerlo, eppure non mi piace. Succede, e credo sia naturale. Però adoro 2Pac, ho diversi dischi di P.Diddy, Notorius B.I.G. e quasi tutti quelli di Eminem. Quelli sì, che sono grandi dischi rap. Di Kanye West ho ben poco, però nel passato ho apprezzato la splendida "Stronger" (nata da una collaborazione con i Daft Punk), la partecipazione a "No church in the wild" di Jay-Z ed al remix di "Hurricane", bellissimo brano dei Thirty Seconds To Mars, oltre a pezzi tutti suoi sparsi qui e lì ("Gold digger" tratta da "Late registration" e "Love lockdown" su tutti). "Ye" è uscito a sorpresa, ad inizio mese, ed è il secondo di cinque progetti prodotti da West a Jackson Hole, nel Wyoming, ed intitolati "Wyoming sessions", di cui farà parte anche il nuovo lavoro di Nas ("Nasir") in uscita a breve.
Ebbene, "Ye" è composto da sette brani (wow! quanta generosità!) per una durata complessiva di ventitre minuti. Per carità, se tu in così poche canzoni riesci a tirare fuori dei pezzi che spaccano, tanto di cappello; ma se il risultato generale non ci si avvicina neanche, la puzza di fregatura bella e buona è evidente."Ye", purtroppo, pende dalla parte sbagliata, e per fortuna dura poco: "I thought about killing you" apre il disco, con Kanye che parla - non canta - e va avanti così per quasi tre minuti lunghissimi, per poi accendersi improvvisamente con una ritmica martellante che sparisce all'improvviso. Quando finisce rimani interdetto a chiederti "cosa diavolo ho sentito?". Ma il bello deve ancora arrivare:"Ykes" qualcosina di buono la tira fuori, più che altro perchè il campionamento nella sua ripetitività è piacevole, c'è un accenno di melodia, e West si lascia andare poco ad esperimenti vocali ed aritmici con le strofe. Ma anche questa non lascia il segno, ed anzi assume i connotati di una minestra riscaldata difficilmente digeribile. "All mine" ha un buon intro di organo, che gli dona un tono mistico:sparisce all'improvviso dopo pochi secondi (giustamente, gli spunti validi vanno accantonati subito, non sia mai che diano forma a chissà quale capolavoro), lasciando spazio ad una base minimal in cui West spesso canta a cappella ed in falsetto. Una cosa piuttosto difficile da ascoltare, ve lo garantisco:bisogna armarsi di santa pazienza, e sforzarsi. Tanto. 
"Wouldn't leave" è un pochino più vestito di arrangiamenti, e per questo sembra partire meglio, ma si perde velocemente per strada senza lasciare neanche una briciola nella memoria di chi ascolta. Arriva, quindi, "No mistakes", che movimenta solo apparentemente un'atmosfera soporifera, da sbadiglio continuo, mentre in "Ghost town" Kanye West tira fuori davvero il peggio di sè:cambia più volte tonalità nelle strofe, a volte mugugnando, a volte stonando grossolanamente:lo chiameranno "pezzo sperimentale", ma un esempio di papocchio così inascoltabile non lo ricordavo da anni. 
E così mentre le orecchie invocano pietà, si è già arrivati alla fine con "Violent crimes", che si apre con la voce di Nicki Minaj (grazie al cielo, qualcosa di ascoltabile) che si dipana su un tappeto di tastiere niente male. Tappeto che accompagna strofa dopo strofa anche West, e si ripete in continuazione in un pezzo totalmente privo di mordente, molle, che diventa tremendamete monotono.
Riuscire nell'impresa di farmi buttare un album per intero nel cestino del pc non è da tutti. Kanye West con "Ye" ci è riuscito e, per fortuna, ed almeno per quanto mi riguarda, questo suo nuovo lavoro (al pari di quella della Aguilera) rimarrà tranquillamente sugli scaffali del negozio di dischi dove ciclicamente mi rifornisco.

VOTO : 3/10
BEST TRACKS: Nessuna.

Riallacciandomi al discorso sulla musica R&B che ho accennato prima, vorrei che fosse chiaro che io amo questo genere esattamente alla stessa maniera di tutti gli altri che ascolto più spesso (pop e metal). Ciò che trovo insopportabile, è come spesso in quest'ambito ci si imbatta in autentici papponi difficilmente digeribili, dove la stessa ritmica (con gli stessi arrangiamenti) viene ripetuta fino allo sfinimento.
Potrei citare una dozzina di nomi altisonanti che sono inciampati in produzioni del genere, ed i primi che mi vengono in mente sono Mariah Carey e Mary J.Blige. Se volete un quadro più chiaro di ciò che intendo, prendete gli ultimi album delle rispettive artiste ed ascoltateli.
E' palese come, oggi, creare una ballad soul sia chiaramente difficile se non si esce da certi schemi preimpostati:il rischio di risultare stucchevole è altissimo. E la frequenza con cui mi sono imbattuto in lavori di questo tipo, è aumentata a dismisura con il passare degli anni.
Per quel che riguarda il rap, pure lì c'è poco da inventarsi; eppure Jay Z nel bene o nel male riesce sempre a fare qualcosa di buono, mentre Eminem tra alti e bassi è ancora capace di proporre pezzi rilevanti, innovativi ed al tempo stesso accattivanti, melodici, canticchiabili. Un buon campionamento è un ottimo punto di partenza, anche se interpretare i testi strofa per strofa rimarrà sempre un esercizio difficilissimo per chi non è americano (figuriamoci per un italiano!); ma la melodia (questa chimera) è necessaria, sempre, e non se ne può fare a meno:perchè la base può essere interessante, orecchiabile quanto vi pare, ma se sopra ci si sparano rime a mo' di mitraglia senza mai sputare beh, signori, la noia (brutta bestia, per chi dedica tempo alla musica) è sempre dietro l'angolo.





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