domenica 25 novembre 2018

LIVE IN CONCERT:MUDHONEY + PLEASE THE TREES


MUDHONEY + PLEASE THE TREES
ROMA, LARGO VENUE 22/11/18



In una grigia ed umida giornata di novembre, un pezzo di storia del grunge è atterrato a Roma, in un piccolo (ma neanche tanto) ed abbastanza accogliente locale, il Largo Venue di Portonaccio.
La mia era più una presenza in veste di accompagnatore che di fan, nonostante sia un grande estimatore della scena grunge di Seattle esplosa successivamente all'esordio dei Mudhoney. Eh già, perchè il gruppo di Mark Arm, formatosi nel lontano 1988, nasce dalle ceneri dei Green River, ed è stato definito da diversi critici musicali come il primo gruppo in assoluto di quella scena che ha via via poi lanciato Nirvana, Pearl Jam, Alice in Chains e Soundgarden, oltre ad un manipolo di gruppi meno conosciuti ma comunque validi che per diverse ragioni sono rimasti di nicchia.
I Mudhoney sono stati anche la prima band ad essere messa sotto contratto dalla storica label Sub Pop Records di Seattle, diventando un modello di riferimento ed ispirazione non solo per tutto il movimento grunge (sono stati citati più volte da Kurt Cobain), ma anche per diverse formazioni indie ed alternative. Ammetto di non conoscere a fondo la discografia del gruppo, e così la mia sarà una chiacchierata molto "easy" su ciò che ho visto ed ho avuto modo di ascoltare.
L'apertura del concerto è stata affidata ai Please The Trees, band polacca che ha come prerogativa quella di piantare un albero in ogni città che visitano nel loro tour di supporto. Questo è indubbiamente un bellissimo gesto a sfondo ecologico, in un'epoca in cui nessuno ha a cuore le sorti del nostro pianeta, ed il disboscamento va avanti senza che ci si fermi un attimo a riflettere sulle conseguenze che prima o poi dovremo affrontare. 
Il messaggio di un gesto simile è ben chiaro:fatti, e non parole, signori.
I Please The Trees sono una piacevolissima sorpresa. Offrono al pubblico una manciata di pezzi di notevole fattura, una sorta di rock sperimentale che chiaramente deve molto sia al grunge che a mostri sacri come Led Zeppelin e Doors, con una forte componente tra il mistico e lo psichedelico, il tutto plasmato in chiave moderna e del tutto personale. Bravi davvero, non c'è che dire.


Quando i Mudhoney salgono sul palco, il locale si riempie definitivamente ed il pubblico si riscalda (anche troppo):in molti iniziano a pogare e spesso mantenere l'equilibrio è un'impresa ardua.
Poco male, perchè nelle orecchie arrivano sferzate di rock puro, tra grandi classici ("Touch me I'm sick" viene intonata a squarciagola da tutti) e pezzi tratti dell'ultimo disco, "Digital garbage".
Su alcuni di questi ultimi era incentrata la mia (scarsa) preparazione:e così l'arrivo di "Kill yourself live" e "Night and fog" (che prima ipnotizza con il suo incedere lento e visionario, per poi esplodere con dei riff di chitarra incalzanti) hanno accontentato anche un "neofita" come il sottoscritto.
La scaletta mi ha dato modo di rivalutare anche "21st Century Pharisees", anch'essa tratta da "Digital garbage", la cui resa dal vivo è davvero possente.
Tra i classici della band, sono da annotare "Into the drink" (con cui i Mudhoney aprono il concerto), e le varie "You got it", "Nerve attack" e "Paranoid core":non entro in dettagli perchè, lo ammetto, devo ripassare per presentarmi più preparato.
Il bis porta in dote altri sei brani, di cui tre cover:tra queste, la più interessante mi è sembrata "Fix me" dei Black Flag, che non conosco. Toccherà informarsi e studiare anche questi.
Nel complesso la serata è volata via che è una bellezza, con una dose di sano e sudato rock (che ogni tanto ci vuole), e per fortuna senza particolari ammaccature fisiche, nonostante diversa gente che, sollevata dalle braccia del pubblico, ci è passata quasi sopra la testa (!). Però anche questo è rock, non vi pare?

E' un peccato che al banco del merchandise mi sia sfuggito il cd dei Please The Trees, che senza dubbio meriteranno un ascolto più attento. Sono riuscito, però, a mettere le mani sull'ultimo vinile dei Mudhoney "Digital Garbage" (nella foto qui a fianco), e questo è il primo passo per far sì che le mie lacune su di loro vengano colmate.
Ma la sensazione di aver assistito a qualcosa di storico, almeno per quel che riguarda il rock ed il grunge, è forte e chiara (del resto, in assenza di Cobain, Chris Cornell, Layne Staley e Andrew Wood, ci restano giusto i Pearl Jam e pochi altri). Una pennellata di Seattle ha, per una notte, dato colore a Roma in una cornice che molto ha ricordato le origini di quella musica ribelle, di quel "sub pop" rabbioso e rivoluzionario. Che non è morto. Non ancora. 
I presenti hanno avuto modo di vederlo con i loro occhi e sentito con le loro orecchie. Vive e respira in sordina, sotto pelle.

(R.D.B.)


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