lunedì 1 aprile 2019

RECENSIONE:ALPHAVILLE - FOREVER YOUNG 35TH ANNIVERSARY (2019)


ALPHAVILLE - FOREVER YOUNG 
35TH ANNIVERSARY (2019)
FORMAT:BOXSET 4 CD+LP+PHOTOBOOK
LABEL:RHINO/WARNER BROS




In un'epoca dove quel che era risulta essere migliore di quel che è, dare uno sguardo al passato non è un peccato, ma paradossalmente è un voler andare avanti, un evolversi, un riallacciare i fili con le proprie origini per guardare con maggior fiducia al domani. Per questo, citando un film-icona della nostra adolescenza come "Ritorno al futuro", è necessario scomodare Doc Brown e la sua Delorian e settare il 1984 come data di riferimento per il viaggio a ritroso di oggi:era, quello, l'anno in cui sugli scaffali di dischi arrivava "Forever young" ("Per sempre giovane"), album d'esordio del gruppo synth-pop tedesco Alphaville. Era l'epoca dei vinili a 33 giri e delle cassette audio, formati di riferimento che oggi - guarda caso - stanno ritornando in auge, riprendendosi anno dopo anno le fette di mercato perse a causa della tecnologia. Ed erano anni in cui chi vi scrive era ancora un bimbetto di sette anni, e l'unica musica che per lui contava veramente era quella delle sigle dei cartoni animati; più importanti erano di certo un Super Santos e il Commodore 64.
Per festeggiare il trentacinquesimo anniversario del disco, i fondatori del gruppo Marian Gold (voce) e Bernhard Lloyd (tastiere ed elettronica) si sono presi la briga di rimasterizzare la canzoni una per una partendo dai nastri originali, ed hanno poi impreziosito questa ristampa aggiungendo ben due cd, il primo dei quali contiene esclusivamente dei remix (tutti dell'epoca, nessuno stravolgimento attuale), mentre l'altro è interamente composto da versioni demo e outtakes provenienti dalle registrazioni di quegli anni, offrendoci così la possibilità di sentire per la prima volta come erano, nel loro stato embrionale, i brani presenti sul disco.
Non paghi del già eccellente lavoro, c'è anche una deliziosa ciliegina sulla torta sotto forma di dvd, che rende questa ristampa ancor più completa e, se vogliamo, definitiva:in un colpo solo ci portiamo a casa anche i video di quattro singoli estratti dall'album ed un documentario che ripercorre il processo di lavorazione dello stesso, con i due a raccontare aneddoti e curiosità mentre scorrono immagini di archivio.
"Forever young" non è un capolavoro di disco, parliamoci chiaro. E', però, un album di ottimo livello (soprattutto se si considera che era il primo in assoluto per gli Alphaville) che assume un'importanza tutta sua nel contesto europeo dei favolosi e sempre compianti anni ottanta, quelli del pop con i lustrini, delle superstar (Madonna, Michael Jackson, Prince), della nascita dei videoclip e di MTV, e della fusione dei generi musicali in una ritrovata libertà di espressione.
E allora, perchè non fare un tuffo in quel passato e rinfrescarci un pochino la memoria?  
Erano quelli, anni in cui i bambini facevano colazione con il Nesquik o in alternativa con la polvere di malto ed orzo che si chiamava "Sprint":ve la ricordate? 
E c'erano anche le merende con le sorpresine del Mulino Bianco, la girella Motta ed i succhi di frutta Billy in brick di cartone con tanto di cannuccia, da portare ovunque.
In quel periodo, possedere un disco in vinile era un must, i 45 giri si potevano suonare su un "mangiadisco" colorato - che faceva sparire il suddetto supporto dentro la sua fessura e come per magia restituiva il suono - e sul mercato si affacciavano i primi walkman con componenti in metallo (poi sostituite, ahimè, da altre in plastica). Il cd era solamente un formato sperimentale, ma il mondo era un vulcano in eruzione carico di idee, innovazioni, cambiamenti epocali. 
La musica non poteva esimersi da questa continua evoluzione, e non a caso quel decennio è considerato tra i più floridi in quanto a proposte:se noi della generazione dai trent'anni in sù vogliamo una cartolina musicale nostalgica, quasi sempre andiamo ad attingere dal repertorio ottantiano. Ed è da quel repertorio, che ormai ha il dono dell'immortalità, che provengono pepite d'oro dal valore incommensurabile come "Forever young", "Big in Japan" e "Sounds like a melody".
In particolare la prima, passata quasi in secondo piano al momento dell'uscita senza diventare una hit da classifica, a distanza di anni è diventata un inno generazionale, il manifesto di chi sente più "suoi" quegli anni degli attuali, e che percepisce quei ricordi in modo vivido come se fosse storia recente. E' un dato di fatto che la nostra generazione porti con sè una malinconia speciale, fatta di anni di stabilità economica, di benessere e crescita commerciale:realtà ben diverse, ne converrete, da quelle vissute dai nostri genitori e dai nostri nonni, la cui gioventù è stata contaminata da guerre e periodi di recessione. E' anche per questo che ultimamente stiamo assistendo ad un ritorno al vintage e ad un crescente gusto retrò incentrato, in particolar modo, su quel decennio; una sorta di continua celebrazione che  non accenna a fermarsi, ma si autoalimenta in diversi campi, dalla tv, al cinema, ai fumetti fino ad arrivare, ovviamente, alla musica.
In diversi passaggi, la canzone che dà il titolo al disco tratta proprio di questo; "The music's for the sad man" ("la musica è per l'uomo triste") è la strofa più esemplificativa dell'importanza che hanno i ricordi nel nostro essere adulti di oggi con lo spirito adolescenziale di una volta, lo stesso che sta muovendo le mie dita su questa tastiera ricordando il tragitto che mi portava da casa a scuola con uno zaino Invicta sulle spalle, che mi riporta alla memoria anche i pomeriggi a giocare con le Crystal Ball. "Youth's like diamond in the sun, and diamonds are forever" ("la gioventù è come i diamanti al sole, ed i diamanti sono per sempre") è la formula che mette in moto l'atto nostalgico, ed è una questione di sfumature di sensibilità:c'è chi si limita a richiamare alla mente certi momenti con un sorriso e magari un tuffo al cuore, e chi come il sottoscritto va oltre, circondandosi di tutto ciò che materialmente possa permettere di "toccare" quel delizioso passato. Chiamateci moderni Peter Pan, bimbi non cresciuti, ma a mio avviso quello spirito è prezioso come l'aria, ed in certi frangenti persino necessario per sopportare l'età adulta con le sue incertezze, con le sue problematiche, con le sue regole:
"Some are like water, some are like the heat
Some are a melody and some are the beat
Sooner or later, they all will be gone
Why don't they stay young?
It's so hard to get old without a cause
I don't want to perish like a fading horse
Youth's like diamonds in the sun
And diamonds are forever
So many adventures couldn't happen today
So many songs we forgot to play
So many dreams swinging out of the blue
We let the m come true..."
Quanta poesia in queste strofe, e quanta amara delicatezza nel dipingere il trascorrere incessante del tempo! "Forever young" si consegna alla memoria con una delle frasi più belle che io abbia mai ascoltato in una canzone, "Let us die young or let us live forever" ("lasciamoci morire giovani o lasciamoci vivere per sempre"), dipanandosi su una base elettronica talmente affascinante da sfiorare come una piuma l'animo di chi è all'ascolto, e tanto basta per vestirlo di quella stessa dolce nostalgia che si prova quando ritroviamo qualche vecchia fotografia nei meandri di un cassetto. L'esplosione sul finale dei violini sintetizzati, poi, rende il tutto ancor più suggestivo ed emozionante, a degna chiusura di un pezzo di notevole fattura.
Basterebbero già queste note a dare un senso all'opera nel suo complesso, eppure il primo lavoro degli Alphaville non è tutto qui, e regala altri spunti validi. Prima di tutto, è necessario sottolineare come il synth-pop del gruppo tedesco sia sì ragionato, ma non costruito a tavolino, e su di esso la voce di Gold riesce a muoversi con naturalezza su più livelli di tonalità (quasi tutte medio/alte); inoltre va evidenziato come le tessiture sonore, per quanto caratteristiche dell'epoca, non risultino mai banali. 
Un tipico esempio di questo livello qualitativo si può avere con "Big in Japan", il singolo che lanciò l'intero progetto e che riscosse più successo rispetto agli altri estratti:l'apertura magnificente fa da apripista ad un tappeto musicale avvolgente ed elegante, un prototipo sofisticato di brano da ballare, tipico del periodo, che tanto piaceva sia la pubblico che alle radio, e che si poteva pescare facilmente nelle compilation storiche dell'epoca come "Bimbomix" o "Festivalbar".
Con queste note è in arrivo un'altra secchiata di ricordi, perchè vi assicuro che far partire in cuffia brani così mentre si cammina per la città, permette alla vostra memoria di salire veramente su una macchina del tempo virtuale:e così il mondo riprende i colori cangianti di quegli anni in cui andavano di moda le Reebok Pump, in cui i bimbi imparavano a leggere con il Grillo Parlante mentre i più grandicelli giocavano con i Masters, le Barbie, l'Allegro Chirurgo e Gira la Moda.
Ad un'analisi attenta, certi ricordi d'infanzia sbattono un pochino con il reale significato della canzone, che parla di un uomo appena uscito da una storia sentimentale e deciso a "tornare in pista" con determinazione ("here's my comeback on the road again"). Un uomo diventato fatalista su ciò che gli succederà e ciò chi incontrerà ("things will happen while they can") e che nel frattempo non si fa scrupolo di soddisfare i suoi piaceri sessuali in quello che sembra un bordello legalizzato ("pay then I'll sleep by your side").
Il testo è abbastanza crudo e diretto, ma all'epoca chi si preoccupava di ciò che dicevano le canzoni straniere? L'inglese non era ancora pane per tutti, e di certo non era fondamentale come lo è diventato oggi. Quei pochi che analizzavano il senso dei testi, si sarebbero accorti di quanto le lyrics di "Big in Japan" fossero in parte collegate a quelle di un altro brano famosissimo contenuto nell'album; "Sounds like a melody" è certamente molto più glam, ammaliante e romantica di "Big in Japan", ma presenta altre allusioni erotiche e sensuali, stavolta rivolte ad una compagna di ballo capace di accendere l'erotismo e la passione con le sue movenze:
"It's a trick of my mind
Two faces bathing in the screenlight
She's so soft and warm in my arms
I tune into the scene
My hands are resting on her shoulders
When we're dancing for a while
Oh we're moving, we're falling
We step into the fire
By the hour of the wolf in a midnight dream..."
Il pezzo è un mid-tempo per metà della sua durata. Dopo tre minuti, arriva un'improvvisa accelerazione che lo rende originalissimo ed ancor più ballabile, con i synth impazziti che ingoiano note di chiara derivazione classica (non a caso, i violini sono stati suonati dalla Deutsche Opera di Berlino), a dimostrazione che le partiture di musica, anche in una proposta elettronica e smaccatamente pop, non erano sconosciute agli Alphaville.
L'esecuzione viene sfumata nella versione originale, ma in nostro soccorso arriva il secondo cd di remix incluso nel box, che ci offre l'ascolto di "Sounds like a melody" nella sua versione estesa e completa (di circa sette minuti).
E' inutile sottolineare quante monetine da duecento lire abbia raccolto questo brano nei jukebox di un pò tutta Europa, oltre a fungere da ulteriore traino a "Forever young" e contribuendo ad un successo da due milioni di copie, vendute quasi esclusivamente nel vecchio continente; nelle classifiche degli States non riuscì a riscuotere lo stesso successo, forse a causa dell'enorme concorrenza e di una promozione non esattamente mirata ad un'immediata esportazione degli Alphaville oltreoceano.
Le altre proposte di elettro-pop dell'album, pur risultando di buona qualità, non riescono a raggiungere gli standard altissimi dei tre singoli di cui sopra; "The jet set" e "A victory of love" vennero anch'essi estratti come singoli per continuare a trainare il disco, ma ebbero un modesto riscontro e niente più. Anche "Summer in Berlin" e "Lies" sono pezzi pregevoli che ancora oggi si ripescano con piacere, vuoi per quella patina sonora tipica degli anni ottanta, vuoi per il chiaro indirizzo "easy-listening":canzoni di questo tipo non richiedono particolari attenzioni, le lasci suonare in sottofondo mentre fai altre cose e sono sempre piacevoli ed utili a "riempire" la stanza; in un contesto come quello di "Forever young", completano il quadro di un album notevole che, risultati alla mano, resterà di gran lunga il migliore dell'intera carriera del gruppo teutonico, che non riuscirà più a bissare le vette raggiunte con questo esordio.
L'utilità di ristampe e riedizioni di dischi che hanno in qualche modo caratterizzato gli anni ottanta, è quella di poter possedere uno spicchio tangibile di vita che tanto ci ha dato e che porteremo sempre nel cuore.
Ricordare episodi e luoghi della nostra vita aiuta anche a rievocare quella parte spensierata del nostro essere, ormai imbottigliato in un corpo da adulto che ha perso la sua innocenza, che è vincolato e stressato da una realtà impazzita ed in balìa dei social network, e dove sempre più spesso si agisce da automi lobotomizzati dalla tecnologia.
I bambini di oggi reclamano uno smartphone, e già in tenera età sanno usarlo come e meglio di noi, che invece cercavamo di completare gli album di figurine della Panini, giocavamo a nascondino ed aspettavamo ogni pomeriggio Bim Bum Bam.
Non ho idea di come ricorderanno al loro infanzia le nuove generazioni, ma di una cosa sono certo:preservare il bimbo che è in noi, al giorno d'oggi, è necessario. 
Perchè in certe giornate nere, scoprirsi a sorridere davanti ad un pupazzetto di E.T., a distrarsi davanti ad un Topolino che avremo già letto dieci volte e andare a ripescare quel vecchio disco che ci ricorda chi siamo e chi eravamo, è terapeutico.
Momenti così servono a riconciliarsi con il mondo, ed a far sì che quel diamante chiamato "gioventù" (per dirla al modo degli Alphaville) continui a risplendere al sole.
Ed un diamante, si sa, è per sempre.

VOTO: 7,5/10
BEST TRACKS:"FOREVER YOUNG", "BIG IN JAPAN", "SOUNDS LIKE A MELODY", "SUMMER IN BERLIN".

(R.D.B.) 







2 commenti:

  1. Grazie di cuore per la stupenda recensione.

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  2. Bellissima recensione!! Mi riconosco in pieno in cio' che scrivi...e nella nostalgica "malinconia" della nostra infanzia/adolescenza! Gli Alphaville mi sono cresciuti "dentro"..

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