giovedì 16 marzo 2017

RECENSIONE:ROBBIE WILLIAMS - THE HEAVY ENTERTAINMENT SHOW (2016)


ROBBIE WILLIAMS - THE HEAVY ENTERTAINMENT SHOW (2016)
LABEL : COLUMBIA/SONY MUSIC
FORMAT : 2 LP 180 GR.






"Ecco, è tornato il matto". Questo è ciò che ho detto di fronte alla prima visione del video "Party like a russian", singolo che ha anticipato l'uscita del tanto atteso "The heavy entertainment show". Mentre lo dicevo, guardando i continui cambi di ruolo di Robbie e le sue buffe espressioni facciali, ho sorriso e in cuor mio ho anche pensato "era ora"; perchè Robbie Williams torna a fare quello che sa fare meglio:la popstar.
Da sempre artista megalomane e un pò giullaresco, pieno di esuberanza e spesso bizzarro, Robbie Williams è anche, e soprattutto, un grande intrattenitore; e in questo campo ha davvero pochissimi rivali. Quindi, dismessi finalmente i panni  del cantante swing che aveva appallato il sottoscritto (e non solo), e quelli cantautoriali un pò insipidi ("Take the crown" non è stato niente di memorabile), il visionario showman, comico e stramaladettamente serio allo stesso tempo, riprende il filone che lo aveva contraddistinto nella prima parte della sua carriera solista. E lo fa invitandoci al suo spettacolo dell'intrattenimento sfrenato (il titolo è già un programma), un caos sonoro ripartito in 16 canzoni (5 delle quali sono bonus tracks presenti solo nella deluxe edition e nella versione in vinile), variegate e frizzanti anche se non sempre lucide e riuscite; in ogni caso, un circo pazzesco dove lo stile del cantante inglese spazia con la naturalezza di un tempo.
Ad aprire questa parata carnevalesca, è la canzone che da il titolo al disco:orchestra a go-go, continui cambi di ritmo, magnificenza e manie di grandezza a profusione; l'esatta fotografia del personaggio che Williams ha costruito per sè negli ultimi 20 anni, ed un chiaro manifesto di dove vuole arrivare questo disco:a liberare l'ascoltatore dai dogmi della normalità, lasciandolo entrare in una festa pomposa fatta di musica circense alternata a melodie fiabesche, i cori femminili che si abbinano al pop orchestrale, dove il protagonista è lui, Robbie, in versione caricaturale; l'artista che ti ruba le orecchie e ti libera dalle catene della vita quotidiana, ti fa levare giacca e cravatta e ti spinge a scendere in pista:
"Good evening, children of cultural abandon
You searched for a saviour, well here I am
And all the best ones are dying off so quickly
While I'm still here, enjoy me while you can
Welcome to the Heavy Entertainment Show
The charisma’s non-negotiable
Welcome to the Heavy Entertainment Show
I'm about to strip and you’re my pole
We are so glorious
Why not leave your job and come on tour with us?
Before I drop dead and die..."
"Vi darò tutto e anche di più" recita ad un tratto Robbie, ed effettivamente l'impegno nella produzione di questo album non è mancata; gli ospiti sono tanti (da Ed Sheeran a Rufus Wainwright), e per ritrovare la verve dei lustri migliori, è stato richiamato a produrlo il fidatissimo Guy Chambers.
Così, dopo questa introduzione pomposa, irrompe "Party like a russian", con il suo incedere possente e massiccio; è un mid-tempo accompagnato da numerosi elementi orchestrali, che va addirittura a campionare "Dance of the knights" tratta dal "Romeo and Juliet" di Sergei Prokofiev. Ad impreziosire il tutto, dei simil canti gregoriani su cui si dipana la voce scatenata dell'ex Take That; in questo caso è intrattenitore e fenomeno da baraccone allo stesso tempo, che ti invita a festeggiare come se non ci fosse un domani:
"...Ain't no refutin' or disputin' - I'm a modern Rasputin
Subcontract disputes to some brutes in Louboutin
Act highfalutin' while my boys put the boots in
(They do the can-can)
(Spasibo)
Party like a Russian
End of discussion
Dance like it got concussion, oh
Put a doll inside a doll
Party like a Russian
Disco seduction
Party like a Russian, oh
Have it like an oligarch..."
Cosa facciano di così particolare i russi per divertirsi lo sa solo lui, ma il pezzo è trascinante e facilmente canticchiabile, anche se il primo ascolto lascia inevitabilmente spiazzati per la profusione di così tanti elementi musicali slegati solo in apparenza.
A questo inizio roboante segue "Mixed signals", che arriva quasi in punta di piedi; le orecchie, stordite, si devono abituare e l'effetto che fa il terzo solco di questo disco è simile a quello che si prova dopo aver chiuso la porta di una stanza affollata ed essersi spostati in una silenziosa. La canzone vede la partecipazione del gruppo alternative rock americano The Killers, che ha firmato anche il brano, ed ha una melodia ariosa e a tratti contagiosa, alla quale Williams offre una prova vocale all'altezza.
Più la si ascolta, e più si percepisce quanto "Mixed signals" avrebbe potuto tranquillamente trovare posto in "Escapology"o in "Life thru a lens". Rimanendo su questa scia, alzi la mano chi non sia in grado di riconoscere nel giro di pianoforte di "Love my life"(il brano successivo) la stessa combinazione di note di "Feel".  La somiglianza è impressionante, in alcuni passaggi addirittura ritmo e arrangiamenti sembrano quasi delle autocitazioni; questo sospetto diventa certezza quando, sul finire del brano, si aggiunge un ulteriore accompagnamento musicale simile ad un altro grande successo di Robbie, "No regrets". E' chiaro come in questo frangente Williams abbia cercato ispirazione nelle personali glorie del passato, rischiando pericolosamente di plagiare sè stesso; alla fine più che di una povertà creativa, si può parlare di un "copia e incolla" ricercato per definire ulteriormente uno stile e giocare sul sicuro, oltre che per ricordare ai fans che lui non è cambiato: è sempre Robbie Williams, nonostante gli anni passino. Ad ulteriore supporto di questa tesi, la copertina del disco vede due Robbie pronti a sfidarsi in un incontro di pugilato:uno con l'aria più infervorata e maligna (il Robbie scatenato e straripante del passato), l'altro con l'aria più rilassata e sicura di sè (quello attuale, che ha messo la testa a posto e che è più consapevole dei propri mezzi).
Il testo di "Love my life" è stato scritto per i suoi figli piccolini, di 5 e 3 anni, ed è un'autocelebrazione delle proprie capacità, quasi un manifesto automotivazionale per trasmettere sicurezza e certezze ai bimbi:un papà romanticone e affettuoso che afferma di essere carico di energie, di sentirsi libero e di amare la propria vita.
Fin qui, "The heavy entertainment show" ha inanellato 4 brani su 4 che, in un modo o nell'altro lasciano il segno, e valgono già di per sè il disco. Un difetto che però tutti gli album di Robbie Williams hanno in comune, è quello di perdersi in un bicchier d'acqua, a volte con brani stucchevoli e noiosi; è un pò quello che è sempre mancato per far sì che riuscisse a dare alle stampe un capolavoro.
E purtroppo, anche questo presenta lo stesso problema:"Mother fucker" non sarebbe neanche malaccio,ma sicuramente non mantiene le promesse dei brani iniziali. E' brano piatto e privo di mordente, che non lascia il segno nè la voglia di riascoltarlo; considerato che di materiale a disposizione ce ne era tanto, poteva anche essere accantonato, o al limite slittato tra le bonus tracks, in luogo di pezzi che avrebbero meritato sicuramente sorte migliore (e di cui parlerò tra poco).
Le cose vanno un pochino meglio con "Bruce Lee", che vede Robbie cimentarsi in un falsetto niente male, divertente e riuscito; e tornano ad andare alla grande con "Sensitive", che riporta il disco ad altissimi livelli:il pezzo è un electro/dance  di ispirazione ottantiana, con un ritornello orecchiabile e di facile presa. Tirando le somme, risulterà essere uno dei passaggi più riusciti dell'intero lavoro, perchè a quelle sonorità dance di 4 decenni fa, aggiunge freschezza ed una produzione di altissimo livello ed ispiratissima; se uscisse come singolo, le radio non potrebbero fare a meno di passarlo in continuazione.
Il lento "David's song" serve da break, con il piano e gli archi che accompagnano la voce del cantante britannico; questa alchimia la ricordiamo tutti in pezzi storici come "Eternity", e lui è consapevolissimo di quanto sia capace di valorizzarli fino a farli rendere al massimo. 
Una volta servita la pausa acustica, lo show può ripartire e il circo può rimettersi in moto; e lo fa con l'up-tempo "Pretty woman", dove è riconoscibile la chitarra acustica su base elettronica di Ed Sheeran, ormai guru anche in veste di produttore e cecchino che non fallisce più un colpo.
Ad impreziosire "Hotel crazy" c'è un altro ospite d'eccezione, Rufus Wainwright. Nonostante un paio di ascolti in successione, è stato una mezza delusione perchè mi sarei aspettato qualcosa di meglio dall'incontro dei due artisti; il risultato invece è un brano piuttosto sciapo, con una vaga sfumatura swing appiccicata a sonorità moderne che lo rendono un ibrido senza arte nè parte.
Qui l'album perde un pochino di verve e di incisività, ed infatti neanche il pezzo a seguire va nella giusta direzione:"Sensational" di sensazionale ha solo il titolo, e stavolta le autocitazioni sonore dei dischi precedenti diventano posticce e messe lì un pò a caso, senza costrutto e grande ispirazione.
E' un peccato che brani come questi, che non sono brutti (c'è senz'altro molto di peggio), ma noiosi ed inconcludenti vadano poi a macchiare un lavoro nel complesso riuscito e di buon livello; questo è il lato oscuro di Robbie Williams, che come dicevo prima, è comune un pò a tutti i suoi dischi:grandi colpi di genio, ed anche fiacche battute d'arresto.
"Sensational" chiude la versione standard del disco un pò ingloriosamente; e allora suggerisco a chiunque voglia ascoltare o comprare questa nuova opera di Robbie Williams, di non perdere la deluxe edition; il perchè è presto detto:come tanti, tantissimi dischi (farne un elenco è impossibile, sciorinerei una lista di artisti sconfinata), nasconde delle autentiche perle tra le bonus tracks. 
Non sono mai riuscito a capire se sia colpa degli autori, dei produttori o delle case discografiche, nè se sono scelte di marketing per vendere una versione più dell'altra (ma allora che senso avrebbe distribuire una versione standard?). Fatto sta, che chiunque sia il colpevole o la motivazione che c'è dietro, tante canzoni validissime vengono relegate al ruolo di comprimarie, e per questo svalutate e "bruciate" a livello commerciale, tant'è che quasi mai questi brani vengono presi in considerazione per essere lanciati come singoli.
E così,"When you know", che è la prima traccia bonus, riesce a risollevare le sorti dello spettacolo di Robbie:quel suono di arpa persistente la caratterizza rendendola quasi ipnotica, ed a tratti dolcemente rilassante. "Time on earth" è il brano che dà forma e fondamento al mio discorso, perchè è davvero un grandissimo pezzo orecchiabile, atmosferico e corposo; l'intrattenitore qui si racconta, apre il suo cuore con la solita spavalderia - stavolta malinconica, però - tirando in ballo i presunti detrattori e ribadendogli che lui comunque spenderà il tempo che gli rimane su questa terra per fare la storia, seguendo il suo destino che è su un palco:
"I want to take my time on earth
And give it meaning
They say you get what you deserve
I know the feeling
Those dumb looks only get you so far
What's behind your eyes makes you a star
I'm gonna walk onto that stage like it's my destiny
Stand and tell the truth, make no apologies
If tomorrow I should die, these are my memories
I'm gonna take this simple life and make history..."
Ci tengo a ribadire quanto mi dispiaccia che una canzone di questa portata sia stato inserita tra le bonus tracks:a mio avviso, sarebbe stata una hit radiofonica, ed un singolo di sicuro successo oltre che ottimo traino per la promozione del disco; invece resterà un tesoro quasi nascosto che si dovrà andare a scovare con le proprie orecchie solo sul finire dell'album.
Anche "I don't want to hurt you" è un brano valido, dove le percussioni sono accompagnate da un arrangiamento elaborato su cui spicca l'organo, mentre la voce di John Grant (ennesima collaborazione del disco) insegue quella di Robbie Williams su continui cambi di ritmo che contribuiscono a renderlo vario e, per questo, ancor più gradevole. Chiudono il disco "Best intentions" e "Marry me", le uniche scelte indovinate come bonus: la prima è un motivetto innocuo che è difficile da decifrare e poi ricordare, la seconda è un'altro lentone abbastanza gradevole, che ha la pecca di essere troppo mieloso; nel complesso, nulla di particolarmente spettacolare, insomma,poichè nessuno dei 2 brani aggiunge qualcosa di più al risultato finale. 
"The heavy entertainment show" è un buon album (ma non un capolavoro) per diversi motivi:intanto ci restituisce un'artista ispirato e spregiudicato come ai vecchi tempi; e poi offre una carrellata di pezzi pop un pò per tutti i gusti, sospesa tra autocelebrazione in puro stile Williams ed elementi innovativi inseriti in modo ragionato (mix necessario da elaborare per dare una rinfrescata al suo stile cantautoriale). In questa parata di brani, Robbie regala anche una manciata di canzoni di notevole spessore, che vanno ad ampliare ulteriormente il già ricco carnet di memorabili successi inanellati dal cantante inglese in passato. A tratti commuove, e spesso diverte, anche se a volte la quadratura del cerchio non si riesce a trovare, o risulta troppo approsimativa.
Per questo non può essere certo considerato un disco perfetto, e neanche essenziale; però è piacevole, e quando cala il sipario, lo show imbastito da questo abile intrattenitore sembra sia valso il prezzo del biglietto.
Se poi sentite qualcuno lamentarsi, perchè è troppo pacchiano, troppo kitsch, troppo confusionario, ricordategli il livello generale della musica odierna (piuttosto scadente, direi) e fategli ascoltare un pezzo come "Time on earth"; le probabilità che si metta in fila per avere un biglietto per il "The heavy entertainment show" cresceranno senza ombra di dubbio.
(R.D.B.)

VOTO : 6,5/10
BEST TRACKS : PARTY LIKE A RUSSIAN, SENSITIVE, 
TIME ON EARTH, LOVE MY LIFE.



2 commenti:

  1. Dovrebbero essere tutte così le recensioni!!!Qui si vede la passione di una vita per la musica trasformarsi in commento puro...sincero...e di qualità. Continua così mitico Uomo Tigre. E Robbie rimarrà sempre un grande ��

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