domenica 29 gennaio 2017

RECENSIONE:METALLICA - HARDWIRED...TO SELF DESTRUCT (2016)


METALLICA - HARDWIRED...TO SELF DESTRUCT (2016)
LABEL :BLACKENED RECORDINGS/UNIVERSAL
FORMAT : LIMITED EXCLUSIVE 2 LP 180G RED VINYL








I fans dei Metallica, a distanza di anni dal "Black album" -  croce e delizia della band - continuano a restare divisi : chi si ostina a definirli "venduti" e finiti nell'oblìo dello show-business, chi invece, con occhio più obiettivo, cerca di capire (e in seconda battuta, magari anche apprezzare) il loro percorso musicale e la loro evoluzione.
Il sottoscritto rientra nella seconda categoria : è stato il "Black album" ad avvicinarmi al mondo di Hetfield e soci, ho apprezzato "Load" ma poi sono rimasto deluso da "Reload", "St.Anger" era forse troppo duro e tirato per le mie orecchie e "Death magnetic" mi è sembrato piuttosto palloso e privo di ispirazione. Ma questo altanenare, rispetto ai primi lavori del gruppo, nasce esattamente dal 1990, anno di uscita dell'album che li ha resi mainstream e conosciuti al grande pubblico. Il "Black album" è stato un album spartiacque, ed è innegabile che brani come "Nothing else matters", "Enter sandman" e "The unforgiven" siano pezzi di enorme spessore, sebbene siano considerati "commerciali". "Hardwired...to self destruct" potrebbe essere il disco che metterà d'accordo tutti, i fedelissimi che seguono i Metallica dagli esordi,detrattori "a prescindere" degli ultimi lavori, e gli amanti del loro trash piu' orecchiabile e radiofonico. Vediamo il perchè.
Ammetto di aver ignorato l'uscita di questo disco nelle prime settimane in cui è arrivato sugli scaffali, e ammetto di non aver seguito la promozione antecedente : semplicemente, non lo consideravo una priorità. Poi un pomeriggio ho accompagnato due mie carissime amiche a Latina per una presentazione di un libro, e come mia abitudine in ogni "trasferta", lontano dagli usuali territori di caccia discografica, sono entrato in uno dei due negozi che avevo cerchiato sulla cartina della piccola città laziale. 
Mentre sfogliavo le copertine di dischi di ogni genere, senza apparentemente cercare qualcosa di preciso, il negoziante ha iniziato a suonare in sottofondo (neanche tanto, a dir la verità) "Hardwired", e, sinceramente non è che ci stessi prestando più di tanta attenzione. All'improvviso, un pezzo aperto da una breve schitarrata, tirato e possente, mi è montato sopra il corpo come un autentico carro armato che, con i suoi cingoli, mi ha letteralmente travolto.
Questo è stato il mio primo impatto con "Now that we're dead". Uscito dal negozio, un po' frastornato, sono andato su youtube (ahhh gli smartphone, che grande invenzione!) per ascoltare qualche brano di questo nuovo lavoro dei Metallica. Solo assaggi, sia ben chiaro, nessun ascolto approfondito e definitivo, e camminando mi sono accorto che mi stavo allontanando dal negozio di dischi. Sono tornato indietro, sempre spulciando tra i già numerosi video che i Metallica avevano pubblicato sul loro canale, e quasi a scatola chiusa ho acquistato il doppio vinile rosso che si vede nella foto.
Perchè? Perchè mi è bastato poco per capire che è un album valido, anzi un ottimo album. Si intuisce già dall'iniziale "Hardwired", una raffica di mitragliatrice che ti colpisce in pieno stomaco e che è solo un preludio a quello che poi ti aspetta. 
"Atlas, Rise!" segue gli stessi schemi della title-track, perchè ricorda molto i Metallica storici pur avendo un giro di chitarre e un ritornello che ti rimane facilmente stampato in testa.
Chi ama il metal, non può non apprezzare un'apertura tanto adrenalinica quanto devastante.
Dopo questi due pugni in faccia, riecco i cingoli di "Now that we're dead",a tratti straripante, Hetfield che infila una strofa dopo l'altra accompagnato da questo incedere massiccio e rabbioso, con la rullata della cassa di Lars Ulrich incalzante e quegli assolo abbinati  ai cambi di tempo, da sparare a tutto volume in autostrada sulla corsia di sorpasso mentre intoni il ritornello:
"All sinners, a future
All saints, a past
Beginning, the ending
Return to ash
Now that we're dead, my dear
We can be together
Now that we're dead, my dear
We can live forever!"
E su quella corsia, ci rimani anche per tutta la durata della successiva "Moth into flame", uno speed trash indiavolato che ti entra nelle vene e ti circola per tutto il corpo come un virus, facendoti battere a ripetizione il piede per terra con lo sguardo incazzato. Anche qui, il connubio fra Metallica "old-style" e melodia è ben assemblato, ed è impossibile non riconoscere quell'alchimia perfetta tra tutti i membri della band finalmente ritrovata. 
Hetfield si scaglia contro le "pop-queen", consumate dalle anfetamine e il prezzo che hanno dovuto pagare per la celebrità effimera, che ti seduce, ti ruba l'anima, e poi ti riduce ad una falena che finisce per bruciarsi sulla fiamma :
"...Light it up ah, light it up
Another hit erases all the pain
Bulletproof ah, kill the truth
You’re falling, but you think you’re flying high
High again
Sold your soul
Built a higher wall
Yesterday
Now you’re thrown away
Same rise and fall
Who cares at all?
Seduced by fame
A moth into the flame..."
"Am I savage" passa quasi inosservata dopo tanto clamore, ma sfigura solamente perchè i brani che l'hanno preceduta erano davvero di alto profilo. Alla fine però, è solo una pausa, perchè la seguente "Halo on fire" è un altro grande pezzo, strutturato tra i giri armoniosi delle strofe, che ricordano molto i poppettari "Load" e "Reload" ma con piglio diverso, più energico, più hard, che poi sfocia in un assolo finale che non fa altro che nobilitare un brano già di per sè efficace.
Si ritorna alla rabbia e agli improvvisi cambi di ritmo con "Confusion", fotografia esemplificativa del lavoro di Hetfield e soci per piacere a tutti senza snaturare il loro profilo.
Qualche passaggio a vuoto c'è nella seconda parte del disco ("Dream no more" e "Murder one" per esempio, non brillano come ispirazione ed originalità, e nulla aggiungono a quanto già precedentemente detto), del resto non sto parlando di un album perfetto; ma lo standard generale viene comunque tenuto alto da altri pezzi come "ManUnkind", la cui chitarra ti rimbomba in testa mentre l'incedere della batteria ti procura la solita scarica di adrenalina, e "Here comes the revenge", che riprende a bastonare di brutto, ed ancora una volta proprio con quella rullata capace di far tremare i subwoofer delle casse; una "Now that we're dead" parte seconda, alla resa dei conti, piu' sorda e introspettiva.
"Spit out the bone" chiude il disco nello stesso modo con cui si era aperto:decisione,spavalderia e chitarre a volontà, roba al fulmicotone da far venire voglia di spaccare tutto quello che si ha tiro (e quindi attenzione a non avere niente di infrangibile intorno, per il bene della casa e dello stereo).
Che i Metallica abbiano puntato a cavalcare l'onda del metal commerciale dopo il famigerato "Black album", è innegabile, come è comprensibile che poi, chiusi in un angolo abbiano cercato di correggere il tiro con "St.Anger" e "Death magnetic", scontentando l'altra fetta di fans conquistati dopo l'anno zero di "Nothing else matters" (quanto è scomodo questo disco in ottica Metallica, eh!). 
"Hardwired...to self destruct" riesce finalmente a focalizzare nel modo giusto l'obiettivo che i nostri si erano prefissati nell'ultimo ventennio:mettere d'accordo tutti. 
Quasi mai noioso, e a tratti davvero trascinante, risulta essere un lavoro maturo e riuscito, che lascia ben sperare per le future produzioni. Se Hetfield,Ulrich,Hammett e Trujillo riusciranno a mantenersi fedeli a questa linea, ne vedremo ancora delle belle. Perchè nonostante la carriera trentennale, di cose da dire ne hanno ancora tante, a quanto pare. 
VOTO : 7,5/10
BEST TRACKS : "NOW THAT WE'RE DEAD", "MOTH INTO FLAME", "ATLAS,RISE!", "HALO ON FIRE", "HERE COMES THE REVENGE"


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