domenica 12 febbraio 2017

RECENSIONE:IN FLAMES - BATTLES (2016)

IN FLAMES - BATTLES (2016)
LABEL : NUCLEAR BLAST
FORMAT : DELUXE DIGIPACK CD





Ammetto di aver avuto molta paura a mettere sul piatto questo cd. Ho amato in modo particolare il lavoro precedente degli In Flames, "Siren charms" - nonostante sia stato accolto maluccio dalla critica giornalistica - e sapevo che ripetere quello standard qualitativo altissimo, e riproporre la stessa intensità che in certi pezzi era davvero trascinante, sarebbe stato piuttosto difficile.
Con un mese di anticipo sull'uscita del disco, ho avuto modo di ascoltare le due canzoni scelte come singoli di lancio, "The end" e "The truth", un assaggio agrodolce di quello che poi è stato "Battles".
Ricordo di essere rimasto molto soddisfatto dopo aver ascoltato "The end", che con la sua dirompenza mi ha conquistato quasi subito, e che è rimasta nella playlist "calda" del mio lettore mp3 per diverse settimane senza stancarmi. Riff rabbiosi, voce con growl cattiva al punto giusto, e ritmo trascinante da pogo nei concerti; un'ottimo preludio insomma, guastato un pò dal secondo brano di assaggio, "The truth", che sembra essere la versione di "The end" più ammorbidita e per questo più piatta e insignificante, alla resa dei conti anche troppo distante da quello che si cerca in un disco di Ander Fridén e soci. Qui sono nate le mie paure, a partire dall'introduzione di questi "cori di bambini" che accompagnano il ritornello (presenti anche in "The end", peraltro, ma in modo più soft e meno preminente) fino ad arrivare alla mancanza di mordente, di originalità:quel brutto retrogusto di già sentito, di poco originale, di scialba minestra ripassata e servita tiepida.
Detto ciò, trattenendo il fiato, piazzo il cd nel lettore e neanche faccio in tempo a tirare fuori il libricino che "Drained" mi investe come un treno in piena faccia. Eccoli gli In Flames che mi piacciono, diretti e incazzati, ma sempre accessibili perchè non necessariamente estremi come nei primi anni, quel connubio di melodia ed energia che sono tratti unici e distintivi della band svedese.
Il ritornello è un macigno ben architettato, così come l'intro che prepara la strada al massacro chitarristico in arrivo che parla di una relazione finita male, e di un paradiso divenuto inferno:
"What we had we throw away
We were close to heaven
But we ended up in hell
What we had we throw away
Just cause the hurt doesn't show
There's no way to recover
You broke my heart in two
I had a dream of growing old
I saw us driving to the end of the road..."
 "Drained" ricorda le migliori produzioni degli In Flames, da "The quiet place" a "Ordinary story" (per andare abbastanza a ritroso nel tempo) legandosi in modo quasi naturale a tutta la produzione precedente del gruppo. Subito dopo arriva "The end", territorio già conosciuto e apprezzato, che diventa la degna prosecuzione della direzione intrapresa, il gancio sinistro dopo il destro che mi ha quasi stordito e soprattutto tranquillizzato, perchè a questo punto ero pronto a scommettere che gli In Flames avessero fatto centro anche questa volta; mai mi sarei aspettato che  da qui in poi ci sarebbe stato un terribile e prolungato blackout.
"Like sand" ti fa tornare bruscamente con i piedi per terra:se questa pausa più tranquilla doveva emulare quei pezzi di altissimo spessore di "Siren charms" come "With eyes wide open", l'obiettivo è completamente fallito, perchè questa terza traccia è stucchevole e noiosa, non ha nulla di innovativo e addirittura sembra uno scarto del disco ripescato in extremis. A questo punto, per cercare di alleviare i timori della vigilia che si riaffacciano pericolosamente nella mente, speri che le cose migliorino, e che lo facciano immediatamente. Arriva "The truth", e va anche bene con tutto il suo coro "scolastico", considerato che le orecchie ormai lo conoscono e hanno imparato ad apprezzarlo (o accettarlo?), nonostante tutto. Piazzato dopo "Like sand", "The truth" è uno stacco quasi necessario prima di rituffarsi nel cuore delle battaglie degli In Flames.
La bellicosa "In my room" riprende, a tratti, i discorsi lasciati in sospeso dopo l'ottimo inizio, con la giusta contrapposizione tra le strofe apparentemente tranquille e quel vortice minaccioso del refrain in cui ti trascinano; Il pezzo deve molto alle precedenti "Paralyzed" e "In plain view", ma rimane chiaramente una spanna sotto a quegli standard qualitativi.
"Before I fall" propone un interessante giro di chitarra, ma è una promessa non mantenuta:si resta lì, per 3 minuti scarni, ad aspettare che cresca, che lieviti come la pasta della pizza - loro lo sanno fare benissimo - e invece rimane piatto come una tavola, senza una briciola di sussulto, e finisce ancora prima che si sia riusciti ad inquadrarlo, inducendo di nuovo l'ascoltatore al pensiero (stavolta fondato) che ci si trovi di fronte ad un altro riempitivo, buttato lì quasi per caso e per fare numero.
La situazione poi non migliora più di tanto:"Through my eyes" è un insieme di riff quasi death metal che diventano più una sconclusionata prosecuzione di "The end" che un'autocitazione voluta e costruita; il giudizio è talmente negativo che neanche il bell'assolo dopo il secondo ritornello riesce a farmi mandare giù il brano. 
Già a questo punto, il confronto con "Siren charms" è quasi impietoso, e capisci che le preoccupazioni iniziali erano, purtroppo, ben riposte. In questi casi, nel momento esatto in cui monta la delusione, bisognerebbe cancellare la cronologia degli ultimi venti minuti nella nostra testa, e cercare di andare avanti con l'ascolto nel modo più neutrale possibile:impresa ardua, il più delle volte.
La title track, "Battles" per fortuna torna su livelli consoni alla band di Fridén, con un melodia azzeccata e gli assolo chitarristici che si uniscono fino a sovrapporsi, tipico marchio di fabbrica degli "infiammati" ed in questo caso specifico, ossigeno puro dopo tanta aria stantìa. Anche "Here until forever" prosegue sulla stessa scìa di miglioramento generale, perchè senza brillare in modo particolare regala comunque degli spunti interessanti soprattutto nelle pause acustiche, ma è pur vero che, quando la qualità è ben al di sotto delle aspettative, basta poco per far spiccare sugli altri un brano sì e no accettabile.
"Underneath my skin" è l'ennesimo passaggio a vuoto del disco, davvero insignificante; qui gli In Flames cadono in modo vistoso e roboante nella superficialità e nella mediocrità, e il pezzo non fa altro che diventare un altro tassello del mosaico di sconforto per un disco sul quale forse avevo riposto troppe aspettative.
Una grande nota positiva è invece "Wallflower", dove finalmente si torna ad ascoltare qualcosa di veramente particolare e abbastanza fuori dagli schemi; il basso elettrico pervade quasi tutto il brano dandogli un tono calustrofobico e molto cupo (la tastiera nella parte finale addirittura mi ha fatto pensare al suono di un olifante), l'elettronica aggiunge un tocco gotico, quasi doom:
"I like to look at you from a distance
I like when you scream in my face
Afraid to say the right words, in right order
So they make sense to a person with such grace
What if my dreams don't become reality?
Is my life just a big mistake?
Will I be happy for the times I had
Or would I reconsider and recalculate?
I want to be heard but leave no trace
I want to be seen but take no space..."

In un'intervista a Metal Hammer, il chitarrista Bjorn Gelotte definisce "Wallflower" un viaggio musicale dove si aggiunge di volta in volta un pezzo volto a costruire un qualcosa dal finale grandioso, stesso metodo con cui nacque "The chosen pessimist" (brano di "A sense of purpose").
La lunga introduzione, aperta da un persistente arpeggio, contribuisce ai 7 minuti di durata del brano, minuti che in realtà passano in un batter d'occhio per l'intensità e l'angoscia che riesce a trasmettere, specie nella seconda parte e nella coda. "Wallflower", tirando le somme, è la cosa più riuscita in "Battles",giustifica l'acquisto del cd e (quasi) lo salva. E' anche un esempio di quello che poteva e doveva essere questo disco, ed invece, alla resa dei conti, è solo uno dei pochi bagliori in un lavoro riuscito a metà.
La versione standard si chiude con "Save me", che pur essendo ben orchestrata non si discosta particolarmente dal senso di incompiutezza complessivo, ed è un peccato che la chiusura evocativa e ad effetto abbia una durata brevissima che avrebbe potuto essere anche sviluppata ed ampliata.
Nell'edizione deluxe invece, sono presenti 2 bonus tracks, altra cartina al tornasole di quel che è questo lavoro altalenante:ad una orribile "Greatest greed", chiaramente uno scarto di bassa leva,si aggiunge "Us against the world", pezzo che avrebbe meritato di essere incluso nella scaletta principale in luogo di brani molto meno validi.
Probabilmente "Battles" è stato composto e preparato troppo in fretta, e tranne alcune eccezioni, è un lavoro a tratti largamente insufficiente. Considerata l'uscita del live "Sounds from the heart of Gothenburg" a settembre, che fretta c'era di dare alle stampe questo disco? Logiche da casa discografica, verrebbe da dire; ma se così fosse, mi meraviglierei che la Nuclear Blast abbia fatto pressioni di questo tipo, visto che è sempre stata un'etichetta attenta alla promozione delle bands in scuderia.
Questo lavoro poteva essere ponderato in modo più oculato, e gli spunti per tirare fuori un album all'altezza delle migliori produzioni targate In Flames c'erano. Così invece, la band svedese ha compiuto un passo falso, amplificato ancor di più dal precedente "Siren charms", disco quasi perfetto.
Forse, proprio da lì dovrà ripartire il gruppo per riaccendere quelle fiamme che in questa battaglia si sono un pochino affievolite.

VOTO : 5/10
BEST TRACKS : "THE END", "DRAINED", "WALLFLOWER".


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